La Famiglia e le famiglie

SOROPTIMIST                                                                           Villa San Giovanni 20.01.2016

La Famiglia e le famiglie

Buonasera e grazie per l’invito, grazie a Serena che con gentile insistenza mi ha proposto un incontro con voi. Ne sono lieta perché credo che solo da incontri dialoganti,come spero sarà il nostro, possono nascere momenti di riflessione comune e personale , da riportare anche agli altri.

E’ un momento particolare quello che stiamo vivendo per il tema di cui andiamo ad occuparci, perché la famiglia è oggi al centro di un dibattito che la vede protagonista dal punto di vista sociale, giuridico, religioso e in cui torna alla mente il monito di Giovanni Paolo II “Famiglia diventa ciò che sei” e di Papa Francesco che  in continuità  oggi dice….La famiglia oggi è disprezzata, è maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro dell’umanità.

Proprio per questo sono da respingere i tentativi di strumentalizzazione che tendono a svilire questa che è ormai divenuta una multiforme realtà, dettata da nuove esigenze, espresse dalla socie tà in cui viviamo e che non possono più essere ignorate dal nostro legislatore. E proprio perché è come operatore del diritto che è richiesto il mio contributo, ho pensato che può essere utile provare a scomporre il termine famiglia, accostando lettera per lettera i contenuti e le principali novità normative del diritto di famiglia,  lasciando al dibattito il compito degli approfondimenti opportuni, per poi finire con una suggestione che vi dirò.

Cominciamo dalla lettera F

che richiama il termine famiglia appunto. Una comunità di affetti, di relazioni interpersonali, di ascolto, che vive l’accoglienza:questa è famiglia. Questa prima osservazione apre a  quella più tecnica secondo cui la famiglia nel senso tradizionale, quella in cui siamo cresciuti è indicata dall’art 29 come società naturale fondata sul matrimonio .Ma non è l’unica famiglia oggi :accanto ad essa sono emerse le famiglie di fatto, le famiglie ricomposte(o stup family),le famiglie monogenitoriali, le famiglie omosessuali. Sino ad oggi l’art.29 della costituzione viene indicato come la norma di sbarramento che impedisce  il riconoscimento di altre forme di famiglia,anche se occorre ricordare che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo , i principi contenuti nella Carta di Nizza, vincola il legislatore italiano, ponendosi nella gerarchia delle fonti sopra la legge ordinaria .E’ inoltre opportuno ricordare che la Convenz europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, vincola secondo l’interpretazione che ne dà la CEDU

Può e deve portare – lo dico da giurista- a rivisitare e interpretare la norma.

Dice Papa  Francesco allargando lo sguardo…Se invece l’amore è una relazione, allora è una realtà che cresce, e possiamo anche dire a modo di esempio che si costruisce come una casa. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. La famiglia nasce da questo progetto d’amore che vuole crescere come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di aiuto, di speranza, di sostegno. febbraio 2014 incontro sui fidanzati)

 

Altro termine che associo alla lettera F è Filiazione

che ha subito recenti e importanti modifiche tra il 2012 meglio e il 2014 (dlgs 154/2013 ; L .219 del 2012) sintetizzate nella espressione “tutti i figlio sono uguali “ ,uniformando il diritto al mantenimento,all’educazione , all’assistenza morale e materiale e il godimento di relazioni interpersonali , dei nati nel matrimonio e fuori dallo stesso . Importate è ricordare che il DLgs 154 del 2013 ha eliminato definitivamente il termine potestà genitoriale , sostituendolo con responsabilità genitoriale, in linea con le indicazioni europee(2201/2003) ma sopratutto ponendo l’accento sui doveri di vigilanza e di educazione dei minori, a carico degli adulti. Inoltre ha introdotto la legittimazione attiva dei nonni in relazione al mantenimento dei rapporti significativi con i nipoti (317bis); ha dettato le regole in tema di ascolto del minore;ha modificato al legge sull’affidamento e la adozione inserendo norme di garanzia rispetto alla valutazione dello stato di abbandono e dalla irrilevanza dell’indigenza.

Riprenderemo più avanti questo tema.

La Lettera A  traduce la parola accordo fra i coniugi , introdotto nel 1975  con la reale modifica dell’art.144 che recitava il marito è il capo della famiglia,la moglie lo seguirà nella residenza che vorrà porre, con  l’attuale testo:..i genitori concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stesa. Una vera e propria rivoluzione che dalla logica della imposizione passa a quella dell’accordo ,delle scelte concordate cioè del convenire di entrambi non solo sulle scelte di fondo vincolanti, ma anche s accorsi che costituiscono l’indirizzo della vita familiare e incidono sul tenore della vita stessa e cioè il numero dei figlio da mettere al mondo, la educazione religiosa, la scelta del luogo in cui trascorrere le vacanze e così via… Ma nella parola accordo rientra anche la scelta della residenza . E il nostro ordinamento consoce la residenza intesa come habitat degli affetti ,la casa familiare se volete. Da ultimo per rafforzare il concetto il Regolamento CEE 2201 del 2003 ha introdotto la residenza emotiva: quando si dice in caso di separazione  che occorre lasciare il minore nella residenza emotiva significa non sottrarlo ai suoi affetti, anche agli animali ,ai giocattoli, che lo circondano ,in cui cresce. Pensate ai danni che la frantumazione di questo accordo produce.

La lettera M  si  può tradurre  Matrimonio .E qui avremmo di che discutere per  un’intera giornata seminariale. Cosa è oggi il matrimonio? E’ sempre un negozio giuridico, un rapporto da cui nascono diritti e doveri di natura personale e patrimoniale? E’ comunque  l’unione tra un uomo e una donna con carattere monogamico, esclusivo,  non più indissolubile dal 1970, anno in cui è entrata in vigore la legge 898 sulla cessazione degli effetti civili?   Quanto ci si sposa oggi?Le statistiche Istat ci dicono  che i matrimoni in Italia nel 2013 sono stati celebrati in Italia 194.057 matrimoni (13.081 in meno rispetto al 2012). l 2013 per la prima volta il numero dei matrimoni scende sotto quota duecentomila. Sono stati infatti celebrati in Italia 194.057 matrimoni (13 mila in meno rispetto al 2012, 53 mila in meno negli ultimi cinque anni). A diminuire sono soprattutto le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 145.571 celebrazioni nel 2013, oltre 40 mila in meno negli ultimi cinque anni. Questa differenza spiega da sola il 77% della diminuzione osservata per il totale dei matrimoni nel 2008-2013. I matrimoni in cui almeno uno dei due sposi è di cittadinanza straniera, dopo il recupero del 2012, scendono di nuovo tornando al livello di circa 26 mila (pari al 13,4% delle nozze celebrate nel 2013). La diminuzione si deve sopratutto alle nozze tra stranieri. Ma anche alla facilità con cui il matrimonio sfocia in una separazione (appena sei mesi dalla comparizione dinanzi al presidente) o nel divorzio un anno

Il matrimonio è un lungo viaggio che dura tutta la vita! Ha detto di recente il Santo Padre ed ha aggiunto quello che pesa di più di tutte queste cose è la mancanza di amore. Pesa non ricevere un sorriso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amore la fatica diventa più pesante, intollerabile. (Incontro con le famiglie a Roma 2014).

(N.L. matrimonio tra persone dello stesso sesso. La fattispecie, tradizionalmente inquadrata come esempio di negozio giuridico inesistente (v. Inesistenza. Diritto civile), è inammissibile nel nostro diritto, in quanto urta contro il principio del matrimonio come “società naturale”, fondata sull’unione di un uomo e una donna, accolto nell’art. 29 Cost. ed ancor più esplicitamente in tutte le disposizioni legislative ove si parla espressamente di “marito” e “moglie” (ad es., artt. 107, 108, 143, 143 bis, 294 c.c. e così via). È conseguentemente vietata (v. infatti la Circ. Min. Interno 26.3.2001, n. 2 e, più di recente, la Circ. Min. Interno 18.10.2007, n. 55) anche la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso perché “in contrasto con l’ordine pubblico interno”. )

La lettera I declina l’interesse della famiglia:che si traduce interesse del minore, della coppai, dei nonni. L’interesse è intrinseco ai componenti della famiglia, di più è dato dalla somma degli interessi dei singoli componenti il nucleo, non è qualcosa di superiore e di estraneo ad essi. Questo termine cioè  collegato alla famiglia disegna il tenore di vita, l’indirizzo della vita familiare,(quanta giurisprudenza si è format sul punto ,riempiendo di significato formule che diversamente resterebbero vuote!), la partecipazione attiva di ogni membro e si specifica poi nell’interesse o interessi del minore, che come la legge 149 del 2001 segnala ha diritto  a una crescita armoniosa nell’ambito della propria  famiglia, o meglio ogni  minore ha  un diritto a una famiglia ,in cui possa crescere se è possibile nella propria famiglia. Si apre qui la tematica di cui si è ripreso a  discutere in questi giorni sulla step child adoption .Forse anche qui non è inutile ricordare che un legge sulle Unioni civili per le persone dello stesso sesso che vietasse l’adozione del figlio del partner, magari sostituendola con nuovi ,inediti istituti giuridici( quale l’affidamento perpetuo o rafforzato) sarebbe in contrasto con la CEDu ,come già deciso dalla Corte europea dei diritti sull’uomo nei confronti dell’Austria. Da ultimo si ricorda che i giudici di Strasburgo con la sentenza del 21 luglio 2015 hanno condannato l’Italia per inottemperanza all’obbligo positivo di dare attuazione ai diritti fondamentali alla vita privata e alla vita familiare delle coppie dello stesso sesso. Un recentissimo appello dei giuristi italiani sul punto promosso dal Prof. Gattuso segnala l’importanza di arrivare a uan legge che non discrimini:Questo uno dei passaggi…. Il riconoscimento giuridico della relazione anche nei confronti del genitore sociale assicura difatti al bambino i diritti di cura, di mantenimento, ereditari ed evita conseguenze drammatiche in caso di separazione o intervenuta incapacità o morte del genitore biologico, salvaguardando la continuità della responsabilità genitoriale nell’esclusivo interesse del minore. Queste bambine e questi bambini esistono. Il Legislatore non può cancellarli, non può voltarsi dall’altra parte, ignorandone le esigenze di protezione.La giurisprudenza italiana ed europea segnala come la scelta più ragionevole e giuridicamente corretta consista nel consentire ai giudici di valutare caso per caso se l’adozione da parte del partner assicuri la migliore protezione dell’interesse superiore dei figli di genitori omosessuali. La giurisprudenza di merito ha già individuato diverse modalità di tutela, secondo la disciplina vigente, consentendo l’adozione ex art. 44, lettera d, Legge adozioni e, in alcuni casi, la trascrizione di atti esteri.
Ma interesse è anche
 quello  dei nonni a vedere e incontrare i nipoti ,  e dunque di non vederlo violato, è l’interesse della donna al recupero della propria dignità di fronte a un’aggressione interna all famiglia, ai maltrattamenti ,alle violenze , al mobbing.

La lettera G traduce la parola genitori.

E’un parola antica ,ma che richiama o dovrebbe un’idea di cura, protezione, certezza che altri mi guarda le spalle,che ci incoraggia e ci aiuta a crescere. L’art 147c.c. che sentiamo ancora leggere nella celebrazione del matrimonio e cioè ..i genitori devono tenere conto delle inclinazioni,a aspirazioni e capacità dei figli, è uno dei primi passaggi che il dir. di famigli nel 1975 ha evidenziato.  La recente legge sull’affidamento condiviso (54 del 2006) ha voluto proprio segnalare questo passaggio come sia importante la bigenitorialità .incidendo con la modifica dell’art.155 sulla potestà genitoriale (oggi responsabilità condivisa) raramente esclusiva ,confermando da un lato che è necessario l’esistenza di due soggetti(tradizionalmente un padre e una madre) che si occupino dell’educazione, mantenimento, istruzione ,dando serenità al figlio( Sapete che esiste un risarcimento a carico del genitore che determini una situazione di non serenità del figlio, ad es. per la sua assenza, o per l’ostruzionismo nei confronti dell’altro, per non fare vedere il figlio, peggio nella denigrazione delle scelte)

E’ un altro degli argomenti in discussione, secondo cu  la assenza delle due figure genitoriali tradizionali determinerebbe danni al minore.  Mi permetto di osservare da giurista, che non c’è una norma che dica che il genitore deve essere necessariamente di sesso diverso, anche se è importante ce ci sia sempre l’apporto di un femminile e un maschile, che  però è cosa ben diversa. Ma potremo discuterne.

Vi invito comunque  a leggere un bel libro della Mazzucco(Melania)dal titolo Sei come sei (Einaudi 2013) che al di la dei riconoscimenti che ha avuto dal punto di vista letterario, racconta ,in modo semplice, scorrevole pulito, direi anche senza contorcimenti, la storia di una figlia di due padri.   Ed anche Marito e marito di Gianluca Tornese (Claudiana 2012) che racconta il coming out lungo diverso  e doloroso di due genitori,  di fronte alla rivelazione del figlio della propria omosessualità.

La lettera L ci introduce nel mondo del lavoro e nel collegamento con il dovere di contribuzione .L’art.143 (scusate ogni tanto i riferimenti normativi) ricorda che ognuno assolve il proprio dovere di contribuzione con lo svolgimento del proprio lavoro professionale o casalingo..Il legislatore della riforma del 1975 aveva inteso dare dignità al lavoro casalingo( che per molte donne della generazione di mia madre ad es.è stato frutto non di una s,né di un’imposizione, ma certamente in linea con i tempi -diciamo così).E ricordo mia madre, perchè mi tornano in mente le  lamentele certo benevoli, nei confronti di mio padre che la mattina prendeva il cappotto e usciva e rientrava per il pranzo, senza dare a parere di mamma la giusta considerazione al preparato :ricordo che papà tentò di recuperare, con i suoi strumenti di lavoro, cioè dedicandole il libro L’impresa familiare  .Tornando al tema in generale direi che oggi il lavoro familiare è una necessità, prima che una scelta sia all’ esterno per mantenere la famiglia, sia all’interno per far sì che ci siano i tempi per il lavoro e per la crescita della famiglia, senza di che il rapporto finisce necessariamente per entrare in crisi e quanta fatica si continua a fare nelle  aule dei tribunali (sic!)per fare comprendere all’uomo ancora che non c’ nulla di strano se è il padre ad accompagnare i figli a scuola, o a preparare un piatto caldo, o a riconoscere che la fatica del quotidiano è ripagata da una maggiore soddisfazione perla realizzazione di  sé per gli altri.

La seconda I mi consente di darvi alcune linee  di possibile riflessione comune e dibattito,su un altro termine l’ inidoneità genitoriale ,ma anche più semplicemente incapacità, perché questo consente di inserire nel già ricco cestino che stiamo riempiendo, un altro momento significativo del nostro legislatore che ha inserito tra gli strumenti di tutela necessari per la dignità della persona, le figure del tutore, del curatore, dell’ amministratore di sostegno,arriverei a dire anche dell’avvocato del minore. Potremmo dedicare -all’università lo dico sempre- un intero corso su questo tema che è ancora molto confuso anche solo nell’uso della terminologia e su cui se volete potremo soffermarci insieme. Dico solo che si tratta di incarichi gratuiti e dunque mettere a disposizione la propria professionalità,il tempo(che non è nostro ma che ci è dato da spendere),  vantaggio dei veri deboli, dei senza voce, di chi ha bisogno di un sostegno ,con papa Francesco potremmo dire di chi ha bisogno di una parola di speranza. Poche le norme esplicative sul punto, molte le responsabilità,  necessità di avere dentro passione e pazienza, mantenere la gratuità.

Ma inidoneità significa anche che può derivare da un accertato malessere, da un disagio, da una malattia, perpetrata ai danni dei figli, della moglie dunque  non rivendicazione in caso di separazione, ma fonte di maltrattamenti, di abusi sessuali, psicologici, da parte del contesto familiare allargato, con conseguenze anche penali. E qui il discorso si allarga sino a comprendere il ruolo svolto o non svolto dai servizi sociali che operano sul territorio, della necessità della formazione, della crescita costante ,della lettura dei bisogni, delle ricadute delle politiche sociali, nelle quali ancora siamo molto indietro.

Mi piace a questo punto tradurre l’ultima lettera nella scomposizione della parola che  vi ho proposto con  affettuosità.

E’ questo un termine che ben si adatta a tutte le tematiche di cui andiamo discutendo. Perché è affettuosità è quella dei nonni, degli avi ,è quella che porta alle adozioni un figlio, che si pronuncia a favore della propria scelta di vita, è quella componente della legge Cirinnà che sta facendo discutere il Parlamento e che andrà in discussione in aula il 28 gennaio prossimo.

Relazioni affettive, necessità di un riconoscimento normativo, di una situazione di fatto emersa, come istanza in una collettività, forse ancora di pochi, direi meglio non di molti, ma che proprio per questo non può non interpellarci. Anche perché fatti i dovuti distinguo, penso sempre più spesso ascoltando i talk show, i   parlamentari che intervengono ,gli esperti di settore(o queli che si credono tali  che brutta parola), che proprio questa che era la pietra di scandalo nella logica evangelica, sta diventando possibile argomento di dialogo fruttuoso e non di sterile polemica.     Infine la proposta di legge Cirinnà nro  14  del marzo 2013     in discussione alla Commiss. Giustizia del  Senato dal (10.1.2014) giugno 2014.

Alcune pronunzie della Corte aiutano a leggere la nuova realtà in modo corretto. Non intendo gravarvi  con la lettura dei testi, ma alcune tappe sono importanti per ricostruire e metterci in posizione come dicevamo dialogante.  La prima decisione in ordine di tempo è la nota sent. della Corte cost. n.138 del 2010, che pronunziando su alcune questioni   di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Trento e di Venezia al punto 8) ha richiamato  l’art. 2 , chiarendo che la formazione sociale è ogni forma di comunità semplice o complessa, idonea a consentire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione e pertanto anche della unione omosessuale connotata dalla stabile convivenza cui spetta il diritto di vivere liberamente una condizione di coppia- ottenendone nei modi e tempi stabiliti dalla legge -il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. .  Da questa aspirazione al riconoscimento  non ha ritenuto la Corte di fare derivare una equiparazione fra unione omosessuale e matrimonio, riservando a sé stessa la possibilità in casi particolari ( n559/1989; e 404 del 1998) con il controllo di ragionevolezza , di adottare un trattamento omogeneo fra coppia coniugata e coppia omosessuale. Questo passaggio è ripreso e migliorato  nella sentenza nro 170 del 2014,  attraverso la rettificazione degli atti di stato civile di cui alla legge 164 del 1982, altro argomento in discussione. Una coppia sposata ,uno dei due coniugi  si sottopone a un intervento distruttivo e ricostruttivo. Successivamente l’ufficiale di stato civile appone la annotazione sugli atti da maschile a femminile e la contestuale annotazione sul loro atto di matrimonio, di cessazione degli effetti civili del matrimonio .

 

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E’ a questo punto che mentre studiavo mi è venuta in mente quella suggestione di cui dicevo all’inizio. La parola Famiglia può essere scomposta anche attribuendo alcuni sentimenti ad ogni parola, che potrebbero costituire o  dovrebbero essere la linfa vitale dei componenti del nucleo.

Ve li enuncio in breve successione, lasciando a voi il compito di attribuirli ad ogni singolo componente del nucleo familiare.

Felicità (quanto il diritto alla felicità esiste in famiglia?); Amicizia (è sufficiente un rapporto di amicizia per costituire famiglia?);  Memoria( si da lo spazio e il tempo necessario alla trasmissione della memoria da parte degli anziani dei genitori anche die figli o predomina la fretta e la superficialità nelle relazioni?); Incanto( si riesce a stupirsi di fronte a un bimbo che nasce?) ;Gioia ( abbiamo voglia di condividere momenti ,tempi, interessi, vissuti ?); Lealtà ( è una condizione in cui ci poniamo anche quando fa male dire la verità anche se la si dice con carità fraterna?); Intimità ( è questa la complicità profonda che unisce i coniugi, i conviventi, la coppia?); Amore ( una parola ormai  desueta?).

Ecco credo che queste domande possano essere una sintesi efficace del nostro incontro alle quali aggiungerei oggi , riassumendo famiglie :esclusione, identità  e dignità-

Se si vogliono lanciare ponti e non innalzare muri occorre che la logica della esclusione, della cultura dello scarto contro cui parla papa Francesco nella sua ultima Enciclica ( Laudato sii!)escano dalla nostra vita, per lasciare posto alla libertà responsabile, alla ricerca della propria identità  senza pregiudizi, e soprattutto alla accoglienza della dignità di ogni persona.

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Famiglia cristiana e quaresima

BUONGIORNO

Grazie per questo invito, grazie per il tema che avete scelto, grazie perché in questa domenica.

Tre motivi per dirvi grazie tutti egualmente importanti .

Per me che per scelta di vita mi occupo della famiglia quando si rompe, quando entra in crisi, trovarmi in realtà gioiose è motivo di grande speranza.

Inutile dire è questo è il secondo motivo di gratitudine, che il tema riguarda la realtà che io amo e incontro giornalmente con cui mi confronto nella vita quotidiana, che mi ha fatto crescere in questi anni .

Da ultimo un motivo personale per dire grazie perché in questa domenica oggi, io rinnovo l’impegno permanente che ho assunto nel lontano 1981 nella Comunità di Vita Cristiana (una volta Congregazione Mariana) di Reggio Calabra,dove opero insieme alla mia famiglia. Il 25 marzo è la data dell’Annunciazione cui la Comunità di Vita Cristiana è molto legata e in questa data rinnova il proprio impegno e l’affidamento alla Vergine.

Tra le priorità della Comunità di Vita Cristiana c’è la Famiglia.

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Mentre riflettevo giorni fa sull’argomento mi tornavano in mente le Parole di Giovanni Paolo II, che più volte nel suo pontificato, dove ha trovato largo spazio la famiglia (pensate alla Familiaris Consortio, all’Evangelium Vitae, per ricordare le più importanti) ripeteva

Famiglia diventa ciò che sei!

E questa esortazione oggi più che mai acquista un significato preciso, in un mondo che tenta di confondere La FAMIGLIA CON le altre realtà che famiglia non sono.

Possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che i toni e le polemiche televisive e sui giornali cui assistiamo, costituiscono uno spettacolo indecoroso, da parte degli autori e che nulla giovano alla causa della famiglia, ma in maniera chiara ferma e decisa, in cui non c’è posto per ambiguità e fraintendimenti, occorre lavorare per la Famiglia che è ai sensi dell’art 29 della Costituzione la società naturale fondata sul matrimonio, e ancora di più è per noi la famiglia cristiana fondata sul Sacramento. Che dunque ha dato vita con il matrimonio a un vincolo indissolubile, in cui la forza vivificante, la linfa vitale è Dio costantemente presente in mezzo ai coniugi prima ,alla coppia e a i figli dopo.

Ho usato alcune parole che voglio riprendere per offrirvi il frutto appunto delle riflessioni di queste giornate che ci conducono verso La Pasqua.

Vi dicevo: occorre lavorare per la famiglia.

Quanti stanno seguendo la disputa sui giornali sul manifesto Più famiglia, in preparazione del Family Day del 12 maggio p.v. , avranno colto lo sforzo con cui il prof. Giovanni Giacobbe, Presidente del Forum delle Famiglie insieme ad altri in costante dialogo, continua a ripetere che occorre non dimenticare che la famiglia è un bene umano fondamentale ,dal quale dipendono l’identità e il futuro delle persone e della comunità sociale.

E non v’è dubbio che la politica per la famiglia (quella che diceva Giovanni Paolo II nella quale le famiglie devono essere protagoniste ) abbia subito una battuta d’arresto, rivelando le proprie insufficienze sia a livello nazionale che locale. La famiglia ha meritato ed esige tutela giudica pubblica, proprio in quanto cellula naturale della società, nucleo fondamentale come si legge nella Carta di Nizza e nei principali documenti sui diritti umani.

Ma quanto si investe sulla famiglia, quanto si lavora per consentirle di essere lo strumento di trasmissione delle generazioni future? Se ci pensate, anche se esistono le leggi regionali, troppo poche sono le provvidenze concrete in tema di servizi e di aiuti alle giovani coppie che vogliono mettere su famiglia e troppa attenzione invece si da alle definizioni: si parla ora di famiglia di fatto,ora di unione, e ancora più spesso di unione di genere, unioni solidaristiche, unioni di fatto, patto civile di solidarietà, termini che creano di rimbalzo frammentarietà e confusione.

E soprattutto troppo spazio leggiamo, si da alle rivendicazioni dei diritti del padre, della madre, dei figli, dei nonni. (voglio sapere quale è il mio diritto? Quante volte sento questa frase!)

Non sempre rivendicare i diritti aiuta la costruzione dell’ unità.

Ma soprattutto si coglie la poca attenzione riservata alla famiglia come luogo di relazioni, come spazio di accoglienza, come prima scuola di gratuità. (Il diritto ha fatto la sua parte,ma non può essere sufficiente. Penso alla legge sui tempi della città, congedi parentali, all’affido condiviso).

Vedete non esiste la famiglia felice del Mulino Bianco perchè è una famiglia irreale, è un famiglia di immagine, non incarnata nel tessuto cittadino.

Esistono invece TANTE FAMIGLIE CHE nascono, crescono, si fermano, riprendono a camminare ,da cui nascono nuove cellule, ognuna con una propria individualità: non esiste una famiglia uguale a un’altra, ognuna con il proprio modo di vivere, portatrice di ricchezza e di fantasia.

La famiglia nucleo fondamentale, non semplice aggregazione di persone che percorrono un tratto di strada insieme, esige da ognuno di noi che ci si creda e ci si spenda per essa.

Nel manifesto del Forum delle famiglie, si parla della famiglia come di una risorsa per il futuro, verso cui si rivolge- leggiamo- il legittimo desiderio di felicità dei più giovani. Nel loro disagio leggiamo una forte nostalgia di famiglia.

Interpretando queste righe: mi vengono in mente le numerose coppie che ho incontrato nei corsi prematrimoniali organizzati nelle nostre Parrocchie, quando si legge negli occhi il desiderio, nella voce la gioia della attesa, che si unisce alla voglia che giunga quel giorno per il quale si è tanto lavorato insieme.

Chi di noi sposati non lo ricorda?

Ma alla memoria si presentano anche tanti volti giovani e anziani stanchi, affaticati, sofferenti che ho incontrato dopo, che esprimono la sofferenza di un distacco a volte necessario, più spesso maturato nel silenzio e nella incapacità di dialogo, nella non voglia di rimettersi in gioco.

E’ evidente che le modalità di approccio (chi di noi non sa di amici o di persone in difficoltà), non possono essere identiche. Nei primi occorre non spegnere l’entusiasmo, ma sottolineare che si costruisce sulla roccia, per affrontare la pioggia, il vento che verrà; mentre nei secondi occorre riaccendere la speranza, suggerire la memoria della storia che li ha fatti incontrare per ricominciare proprio da lì.

La famiglia luogo di relazioni dicevamo.

…Non c’è tempo per costruire, non c’è tempo per guardare l’aquilone,non c’è tempo neanche per restare non ho tempo canta PierCortese nell’ultimo Sanremo 2007.

Il tempo è sicuramente una dimensione che ci manca Come è possibile costruire la dimensione dell’ascolto, dell’incontro da cui nasce la relazione, se non ci si vede a pranzo con i figli, se si arriva distrutti a cena, se l’indomani ci aspetta una giornata lunga e faticosa, se il sabato e la domenica sono le giornate in cui c’è tanta roba da stirare,da riordinare,da riorganizzare, se non c’è lo spazio per una passeggiata, per scambiarsi un’idea , una frase affettuosa, una tenerezza, se……

Dicevamo anche: La famiglia come spazio di accoglienza , anzitutto alla Vita. Perché il secondo figlio, il terzo poi! Ci fa tanta paura. Perché non vogliamo adottare, né accogliere le proposte di affidamento, di minori in difficoltà; perché preferiamo festeggiare fuori casa le ricorrenze familiari, comprare i surgelati, mangiare velocemente, non bussare alla porta del vicino di casa per chiedere come sta, perché ci chiudiamo nelle nostre case con sofisticati sistemi di allarme?

Ognuno di noi può aggiungere numerosi altri interrogativi, che lo riguardano e rileggere la memoria del proprio vissuto.

E’ chiaro che se mi fermassi qui, a queste provocazioni ,ognuno di noi credo se ne tornerebbe a casa con la sensazione di non avere nulla da fare, se non sopravvivere in qualche modo.

Non è così, non è certamente così per la famiglia cristiana. E proprio questo tempo di Quaresima ci può aiutare a dare una lettura diversa.

Come viviamo questo frattempo? Gesù sta salendo sulla Croce, va a Gerusalemme per morire e sta dicendo ad ognuno di noi:Tu vuoi venire dietro a me?

Mentre sei in Croce, se vieni con me RISORGI.

Costruisci con me un progetto di resurrezione . Ecco che allora la mia Famiglia, la famiglia di ognuno di noi diventa protagonista in questo progetto che porta alla Vita passando attraverso la Croce.

Ancora una volta Giovanni Paolo II ci viene in aiuto nella riflessione, definendo la Famiglia come una comunità di amore: dove ogni membro si sente capito , accettato e amato e cerca di capire,accettare e amare gli altri.

Allora ogni giorno è occasione di dimostrare all’altro, morendo un po’ al proprio egoismo capacità di ascolto, che non è facile: perché ascoltare è rinunciare a parlare; a giustificarsi,a spiegare; a convincere ,a rispondere.

Ogni giorno è occasione per mettere alla prova la fedeltà e la concordia, per superare inevitabili prove derivanti dalle quotidiane preoccupazioni, sforzandosi di capire i diversi linguaggi dell’altro, espressi a parole o con il corpo. Allora la birichinata del bambino (per es. La rottura di un vaso prezioso) potrà essere occasione per comprendere se rimprovero perché tengo troppo all’oggetto che si è rotto, o se il pianto del figlio ,il suo volersi punire, assumendosi le proprie responsabilità va accolto e ricollocato in una dimensione di crescita del nucleo. Così una malattia improvvisa del figlio o una sua partenza per un master di specializzazione, lascia un vuoto che bisogna sforzarsi di capire,anche ove finisse con un fallimento umano: Padre perdonami perché non sono degno dice il figlio pentito che torna a casa, dopo aver dilapidato le sostanze .

Nello stesso modo la festa del papà, della mamma, dei nonni ,delle nonne, sarà la festa dei vincoli e degli affetti familiari, nella loro naturalezza così profonda e spontanea, in cui si proverà con gesti semplici a testimoniare l’appartenenza e la gratitudine nei confronti di ognuno e di tutti, con la consapevolezza che è nella famiglia che sorge la vita, viene custodita dal padre, allevata dalla madre, protetta, educata e avviata alla maturità, con il contributo della memoria dei nonni.

C’è poi una dimensione particolare che durante la Quaresima la famiglia può intensificare e vivere: la dimensione della solidarietà che nasce dal carattere proprio del nucleo familiare che è scuola di gratuità.

Il rispetto, il servizio verso l’uomo /donna considerato nella sua dignità, si esprime nei piccoli gesti quotidiani, la tenerezza del risveglio( un caffè a letto, magari ogni tanto) ;accompagnare i figli a scuola per consentire all’altro di vivere il distacco responsabile senza essere oppresso giornalmente dalla campanella dell’entrata ; la pentola che bolle all’entrata in casa, la tavola apparecchiata, cucinare una pietanza particolare in una giornata ordinaria, sapendo che l’altro gradirà, possono essere piccoli gesti quotidiani, frutto di cura e premura aperti a un amorevole attenzione all’altro.

E’ questa la dimensione interna della famiglia Chiesa domestica, scuola d’Amore . C’è poi una dimensione di apertura, esterna, che trova nella nostra realtà calabrese un punto di forza propria nella casa familiare. Questa casa che rappresenta spesso il frutto dello sforzo della famiglia.

Dice Padre Stancari in un libro (La Calabria tra sottoterra e cielo) La casa è il punto di partenza. Essa è luogo tempo ed esperienza da cui si proviene.

La casa è un habitat di affetti dice il nostro diritto .E’ un interno, un coagulo di affetti talvolta un ingorgo, perché quell’ ambiente può non avere respiro. E’ un ambiente protettivo, ma può anche essere vuoto ed indicare una chiusura.

La casa dei calabresi cela in sé uno spazio illimitato che si spalanca la’ dove viene custodito il vuoto di coloro che non ci sono più(scriveva il Prof. Teti in occasione di un recente convegno).

Questo spazio interno serve all’ospitalità, all’accoglienza, apre il cuore della famiglia e spinge i membri del nucleo ad uscire a testimoniare fuori l’entusiasmo del messaggio di fede e speranza che portiamo dentro. I figli osservano il comportamento dei genitori, e ce ne chiedono conto; imparano dalla nostra testimonianza ad essere rispettosi del compagno di banco, a condividere una parte della propria merenda, a vivere una dimensione di solidarietà e collaborazione a scuola, in associazione, nei gruppi, ad invitare l’amico a fermarsi a casa a mangiare, a studiare a giocare, ad andare trovarlo o telefonare se è melatao epr dargl i compiti. L’amore generoso e vicendevole dei coniugi diventa il punto di partenza per riconoscere e rispettare la dignità degli altri e per esercitarsi con gli stessi sentimenti, negli altri atteggiamenti e virtù che rendono l’uomo capace di costruire una società fraterna. Così la famiglia diviene la scuola di umanità più ricca in cui l’Amore si orienta alla Vita non la calpesta, la accoglie la promuove. Il Sì generoso di Maria, di Miriam, (libretto In nome della madre) quella donna che di fronte alla vita che le è sbocciata in seno ha detto sì fiducioso e pronto (eccomi), accompagnato da un umano timore delle difficoltà , richiede un atto interiore di confidenza in Dio e di fiducia nell’uomo nuovo che nascerà. Anche questo può essere un impegno di Quaresima: non lasciare solo chi è nel dubbio, magari nella difficoltà dignitosa di un silenzio sofferto. Lasciamoci allora con la consapevolezza che dobbiamo esercitarci in questi atti interiori di confidenza in Dio, nella preghiera, una dimensione semisconosciuta, che nella famiglia deve trovare forza e linfa vitale. Una pausa con Dio si intitola un libretto edito dalle suore di San Paolo: la lettura di un salmo insieme prima di andare a lavorare, o appena svegli prima del caffè; una benedizione del cibo che ci è stato donato e che consumiamo insieme , una posta di Rosario(nelle nostre antiche famiglie si recitava il rosario attorno al braciere , un week -end di ritiro, per tirare il fiato,offerto dalle Vostre suore che con voi aiutano a crescere i vostri figli, possono essere occasioni per ripetere con Tobia e Sara (Tb 8,5-8) rifondare una famiglia ogni giorno,nella quale si Benedica il Tuo nome per sempre.

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Volontariato 2010

Buonasera agli intervenuti e Grazie per questo invito.

Grazie a Rosa infaticabile amica alla quale non si può dire di no,con cui condividiamo un cammino ormai di tanti anni nella comunità di vita cristiana. Mi sono chiesta come poteva iniziare il nostro incontro, cosa avrei potuto dire io a Voi, persone che siete già impegnati o intendete lavorare con il cuore e con le braccia al servizio degli altri, in un luogo di sofferenza.

E vi confesso che ho avuto difficoltà.

Il termine volontario è abusato, vituperato, a volte volutamente usato con dispregio e ironia. Quante volte mi è capitato usandolo, di vedere spuntare sul volto del mio interlocutore un sorrisetto,accompagnato da un’ alzata di spalle, o addirittura avere ascoltato espressioni incredule ..ma, sarà,…che terminano tutte con un interrogativo…ma perché ci credi ancora?

Mi è sembrato allora opportuno provare a fare memoria per ricordarci come è nato questo mondo del volontariato, che qualcuno ha recentemente definito un giacimento di valori, un capitale sociale.( M. NASONE,Il trentennale del MOVI, CSV ,2009 n.2).

Si comincia a parlare intorno agli anni ’70 di persona a vocazione sociale (l’allora Senatore Nicola Lipari) porta in parlamento alcune proposte di legge, relative a un fenomeno in emersione e veloce crescita, rilevando da subito come il volontario venga ricercato e valorizzato nel momento del bisogno,per poi essere messo da parte (l’espressione adoperata è “messo in un angolo”), nel momento in cui vuole far sentire la propria voce : nel giro di pochi anni il fenomeno cresce,nasce una legislazione regionale in tutta Italia, che parendo a un’attenta lettura dei bisogni, individua alcune linee di regolamentazione.

Siamo nell’arco di tempo che va dal 1971 al 1991.

Manca ancora una legislazione quadro e il fenomeno assume una consistenza sociale,troviamo spesso l’espressione:”…il volontario viene assunto come fenomeno fattuale esistente; è un fatto tipicamente metagiuridico, ma non da riconoscere..”.

La legge 266 del 1991 rappresenta perciò il primo riconoscimento giuridico di un fenomeno ormai rilevante socialmente (pensiamo che vi erano oltre 75 leggi regionali), al punto da non potere più essere ignorato dal legislatore. Come sappiamo questo negli ultimi anni avviene sempre più spesso con provvedimenti che attengono alla dimensione della persona (pensate all’amministratore di sostegno, alla legge sulla bigenitorialità,alla residenza emotiva del minore).

Il volontariato subisce una prima evoluzione interna: si passa da una fase di opposizione a una fase di progettualità, in cui le organizzazioni di volontariato svolgono attività di rilievo autonome e di programmazione.

Trent’anni fa il cercatore di arcobaleni, così è stato definito recentemente il Prof. Tavazza, leggendo la realtà dei bisogni, ricavava una definizione di volontario che rimane una pietra miliare nell’universo del mondo non profit.

Volontario è un cittadino che liberamente, non in esecuzione di specifici obblighi morali o giuridici, ispira la sua vita nel pubblico e nel privato a fini di solidarietà. Adempiuti cioè i suoi doveri di stato (famiglia, professioni ecc.) e quelli civili (vita amministrativa, politica sindacale) pone sé stesso a gratuita dispostone della comunità. Egli impegna le sue capacità, i suoi mezzi, il suo tempo in risposta creativa ad ogni tipo di bisogni emergenti prioritariamente dai cittadini del suo tempo. Ciò attraverso un impegno continuativo di preparazione di servizio e di intervento a livello individuale o preferibilmente di gruppo, evitando ogni inutile parallelismo con l’attività di Stato. ( Tavazza, Dizionario di sociologia). E’ riassunto un programma di vita ,che nulla toglie alla creatività del volontario,persona,che come sapete può divenire anche donatore di tempo(Card-Martini),o apostolo (..”gratuitamente avete ricevuto,gratuitamente date…)..

Il manifesto dei volontari del 1976, di cui ci scrive Wilson riassumeva così i valori che ispirano questo tipo di risorsa:-ho bisogno di un senso di appartenenza. Di  sentirmi desiderato internamente,non soltanto per le mie mani, né perché sono bravo a prendere ordini; ho bisogno di condividere la programmazione dei nostri obiettivi; ho bisogno di sentire che i risultati e gli obiettivi raggiunti abbiano un senso per me; ho bisogno di sentire che ciò che faccio ha degli scopi reali oppure contribuisce al benessere umano; ho bisogno di condividere la predisposizione delle regole con le quali noi vivremo e lavoreremo per raggiungere i nostri risultati; ho bisogno di conoscere in dettaglio che cosa ci si aspetta da me;ho bisogno di avere delle responsabilità che abbiano un senso di sfida; ho bisogno di vedere i progressi compiuti verso i risultati che abbiamo determinato; ho bisogno di essere tenuto informato;ho bisogno di avere fiducia nei responsabili.

Questi che vi ho appena elencati e che Previtali, ricercatore di organizzazione aziendale dell’Univ. Di Pisa, definisce le motivazioni della risorsa del volontario, mi sono apparsi molto tristi,appunti economici, quando li ho letti e solo in minima parte riconducibili alle motivazioni che ci hanno(mi )hanno fatto crescere dal 1991 ad oggi .

E tuttavia se ci fermiamo a riflettere, se ognuno di noi pensa alla propria spinta motivazionale iniziale ,saremo probabilmente tutti d’accordo, nell’evidenziare che in ognuno di noi c’è un bisogno insoddisfatto ,che ci spinge fuori a ricercare una soddisfazione a qualcosa che manca,in totale spirito di libertà o di indipendenza .

Dunque la prima molla è il bisogno, che però si esaurisce ben presto, perché con queste premesse,che abbiamo appena letto, in genere diviene insoddisfazione e porta ad abbandonare ciò che abbiamo appena iniziato, traducendosi in tradimento per chi ha iniziato a credere in noi. Alla fine cioè potrà essere un doppio fallimento:non ho soddisfatto il mio bisogno; e cosa ben più grave :chi ha creduto in me è portato a pensare che anche questa è l’ennesima fregatura.

Quante volte sapete parlandone con i giovani,che sono molto più schietti e diretti rispetto a noi, ci resta dentro un senso di incapacità e di malinconia,per non essere stati capaci di trasmettere e di testimoniare la bellezza di un mondo diverso, appunto per non avere saputo disegnare un arcobaleno.

. . .

Possiamo allora provare a ripensare e così passiamo alla seconda parte del mio intervento alle motivazioni alla partecipazione e al rimanere nell’attività di volontariato e proviamo a farlo tenendo presente dei nuovi scenari in cui oggi si muove il fenomeno volontariato.

Anche in questo caso ci aiuta la memoria normativa. 

La legge 266/91 che ha tra i suoi caratteri la gratuità, il servizio e la professionalità, è stata quasi subito sottoposta al vaglio di costituzionalità. La Corte costituzionale cioè è stata chiamata pronunziarsi sulla legittimità di alcuni articoli e riconfermando il valore dei principi di solidarietà,assistenza e partecipazione ha dato il pieno crisma alla 266.

Contemporaneamente ricorderete si assiste a una enorme estensione del fenomeno allo sviluppo e al collegamento con nuove realtà, sino al decreto di riordino (ONLUS). Così ha fatto seguito la L.8.11.1991 n. 381 sulle cooperative sociali, le quali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale ei cittadini (art1, co.I) e possono avvalersi a tal fine,della presenza dei soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente (art 2, co. 2).

Il DLgs 4.12.1997 n.460 contenente il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle ONLUS il quale all’art 10 co.8 prevede la qualificazione in qualità di ONLUS delle organizzazioni di volontariato Ancora la recente legge 7.12.2000 n. 383 che ha disciplinato le associazioni di promozione sociale le quali, costituite la fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi senza finalità di lucro(art 2 co,1 ), si avvalgono prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati, per il perseguimento di fini costituzionali (art18 ,co.I).

  1. Il riflesso sociale è stata la nascita del terzo settore,indicato dai sociologi come entità sociali differenti (N.L.quali le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni parasociali, le associazioni familiare, le fondazioni parasociali), entità nelle quali vengono attivati meccanismi stabili di solidarietà fondati sulla reciprocità che si estendono ad ambiti più ampi del sterzo settore, pur prendendo spazio in esso. E’ una concezione attiva della solidarietà intesa come elemento che responsabilizza i soggetti e li mobilita quelli almeno alla base del terzo settore.
  2. Il terzo settore nelle sue diverse articolazioni organizzative produce un bene comune particolare che è il bene relazionale intendendosi con tale espressione qualsiasi bene o servizio che per essere prodotto e fruito richiede la collaborazione tra chi offre e chi lo riceva.
  3. Il terzo settore si caratterizza spesso per la assenza di fini di lucro identificata con l’espressione non profit attribuita alle organizzazioni che vi fanno parte. Tale espressone viene altresì riferita alla società svolta da soggetti i di terzo settore, mentre il fine è costituito dalla pubblica utilità.

La sintesi che possiamo trarre è: il fenomeno volontariato è dinamico, difficilmente governabile con definizioni che lo bloccano o tentano di delimitarne gli ambiti.

Gli scenari in cui oggi il fenomeno si colloca, le sfide che deve affrontare si chiamano crisi economica, precarietà dei diritti, emergenza educativa, criminalità padrona,immigrazione.

Sono sfide impegnative che richiedono risposte grandi, in cui è importante il recupero dello spirito originario ,il rilancio del volontariato gratuito( che è e rimane assenza di profitto, di lucro), servizi leggeri. Advocay radicamento sociale,:lavorare in piccolo e pensare in grande.

E’ ripensare a una dimensione politica e non riparativa,in cu il volontariato non sia supplente di carenze statali,ma recuperi la forza del libero parlare.

Due sottolineature mi appaiono importanti: una riguarda le dimensioni della Gratuità, del servizio,della professionalità che sono i caratteri fondamentali che un volontario deve avere. Queste tre dimensioni sono tra loro concatenate e inscindibili, nel senso che la gratuità senza il servizio è ambigua, ma il servizio senza la professionalità è pensare di fare un’opera buona e caritatevole, che però non serve a nessuno. Il mondo oggi più che mai ha bisogno di queste dimensioni di cura, ascolto, dono senza orologio,con passione e caparbietà,di fronte ai nuovi deboli e agli esclusi. Ha bisogno anche di riacquistare la voglia del libero parlare ,che da solo è espressione di credibilità.

Non sappiamo se vedremo i frutti del nuovo seminato, ma è certo che non possiamo restare a guardare i campi bruciare o produrre pizzo e usura, senza manifestare il nostro dissenso, senza accompagnare chi vuole uscirne nel modo migliore, magari caricandosi di un bene confiscato da ristrutturare, di una cooperativa da mandare avanti, di un progetto da cofinanziare. Si richiede consapevolezza, autonomia e passione: il percorso è accidentato,in salita, faticoso nel quotidiano,costellato di fallimenti, ma serve l’uomo, con le sue contraddizioni,le sue ansie, la sua voglia di emergere o di perdersi come lievito nella massa.

L’altra sottolineatura emerge da alcuni dati FIVOL importanti come riflesso sociale:

  • Le organizzazioni di volontariato si rivelano nel tempo realtà più visibili e affidabili in quanto operano con continuità (92 su 100) per lo più con un orario di apertura settimanale e sono maggiormente strutturate adeguate alla propria funzione sociale.
  • Si è registrata un’esigenza di publicizzazione da parte delle organizzazioni di volontariato: su 100, il 75 risulta iscritto ai registri del volontariato istituti a livello regionale, mentre cresce a livello regionale il rapporto di convenzionamento con il pubblico per la gestione di specifici interventi o servizi.
  • E’ crescente un rapporto di integrazione( convenzionamento + collaborazione).
  • Non è invece frequente e intenso il rapporto con i centri di servizio per il volontariato: nelle Regioni in cui sono funzionanti tali csv solo un terzo delle odv ha avuto un rapporto significativo in termini di fruizione e partecipazione ad eventi e iniziative.

Torna allora la motivazione a rimanere che va sempre cercata fuori di noi e mai dentro noi.

L’art.3 della Carta dei valori del volontariato così recita:…. . . .

La opportunità che la nostra terra offre sono molteplici e continue. Una di queste è la nascita e il moltiplicarsi dei CSV. Così è possibile mettere in rete uomini e donne di buona volontà,competenze e voglia di fare; sorrisi pensieri ed azioni nella unità di intenti ,nella fantasia della diversità, nell’accoglienza dello straniero, nell’inclusione del diversamente abile. Il papa Benedetto XVI in occasione della giornata dei volontari del servizio civile ha detto:..la vita è amore e chi dona la vita dona amore …

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Convegno FAMIGLIA E RESPONSABILITÀ. QUALI SCENARI EDUCATIVI E QUALI OSTACOLI SOCIALI

Saluto gli intervenuti e ringrazio gli organizzatori di questa occasione di incontro e riflessione su un tema che non finisce mai di appassionare quanti vi si avvicinano, spinti inizialmente magari da curiosità o inclinazione naturale e che rimangono poi avvinti dalle innumerevoli problematiche e dalle risorse che sprigionano da questa cellula fondamentale della società, che è appunto la famiglia. Possiamo affermare con tranquillità mi pare, che c’è spazio per il contributo di tutti, siano essi operatori del diritto, operatori sociali, politici, organizzazioni, semplici cittadini.

Pertanto quanto abbiamo sentito sino ad ora spinge a dire un grazie di cuore a chi crede nella Famiglia, ma anche- a mio parere- ad andare oltre, muovendosi su scenari che si moltiplicano, si allargano e si modificano costantemente alla ricerca di soluzioni utili, che sappiano leggere e interpretare le difficoltà esistenti, senza dimenticare di tracciare un sentiero di speranza. Questa ultima affermazione che può apparire utopica, specie alla luce di quotidiane notizie di cronaca, la faccio da operatore del diritto,come cercherò di dimostrare e dunque con la convinzione che non ci si deve fermare davanti ai pur inevitabili ostacoli.

Quanto appena detto, serve anche a dar conto del titolo del mio intervento, il diritto alla felicità in famiglia.

Di fronte cioè alla continua contrazione e alla crisi della famiglia, le pronunce più interessanti della Suprema Corte degli ultimi dieci anni, sottolineano il valore del nucleo familiare inteso come …luogo di incontro e di vita comune dei suoi membri, tra i quali si stabiliscono relazioni di affetto e di solidarietà riferibili a ciascuno di essi -ce lo ricorda la Suprema Corte 10.5.2005 n. 9801).

Si assiste e gli esempi sono numerosi a una sorta di “umanizzazione” potremmo dire così – della legge. Molti provvedimenti contengono riferimenti o termini come habitat ,residenza emotiva, vicinanza abituale, relazioni significative, amministratore di sostegno …,che richiamano un’esigenza di stabilità e una ricerca di serenità.

Le traduzioni che da alcune sentenze si ricavano sono: diritto alla stabilità che nasce in famiglia o in una convivenza; diritto alla relazione e all’ascolto, propri del nucleo familiare; diritto alla serenità;completo benessere fisico e psichico.

Sempre di più il diritto alla felicità che nella nostra costituzione (a differenza di quella americana) non è previsto esplicitamente, si evince cioè da tutta una serie di concretizzazioni del diritto alla salute, alla istruzione, alla famiglia, all’assistenza…riferiti ai singoli individui nel nucleo familiare.

Anche la legge 54/2006 dopo un anno di sperimentazione sull’affidamento condiviso, con alterni risultati, vorrebbe consentire di raggiungere serenità di vita per il minore, attraverso la collaborazione degli attori principali genitori e figli.

Ci serve poco in questa sede richiamare i vari tipi di famiglia (ricordiamo l’interrogativo di fondo: si parla di famiglia o di famiglie? pensiamo alla famiglia di fatto, alle famiglie ricomposte,alle famiglie anagrafiche,a quelle omosessuali…) mentre può essere più utile guardare agli scenari educativi in cui si muovono i nuclei familiari.

La prima precisazione allora che possiamo ricavare da quanto appena detto è che nella famiglia relazione, ascolto, progetto, serenità,collaborazione, sono espressioni che portano con sé in allegato ( potremmo dire), ognuno un bagaglio sostanziale.

Così relazione significa capacità di dialogo con l’altro che è e resta comunque diverso da me, da come lo immagino, da come lo vorrei (pensiamo al rapporto padre/figlio). Ascolto significa capacità di confronto, senza pregiudizi e precomprensioni, anche con un minore, o con l’altro coniuge, rinunciando a mie convinzioni personali, nel quotidiano; capacità di comprendere e leggere i gesti che il bambino esprime, anche con il pianto, o il riso, ma senza perdere la funzione educativa di genitore che mi richiede di stargli accanto. Progetto, è espressione ricorrente, ma oggi di così difficile concretizzazione, significa coinvolgimento di tutti i protagonisti della cellula familiare, ma anche ove occorra, degli operatori sociali e delle istituzioni. Infine serenità e collaborazione diventano la linfa vitale dell’intero nucleo familiare,ispiratori di pensieri e parole, strumenti di crescita potremmo dire trasmettitori di speranza, espressione del diritto alla felicità.

Ma la famiglia può anche essere negazione di tutto questo e diventare scenario di violenze e maltrattamenti, che oltre a determinare inosservanza dei diritti e inadempienze di obblighi, comporta la lesione dei diritti personalissimi (onore, libertà fisica, morale o sessuale) e segna in maniera indelebile la Persona ( minore o maggiore che sia) nella sua dignità.

La cronaca con una cadenza quasi quotidiana (nei mesi scorsi prima del sisma in Abruzzo con una cadenza quasi ossessiva), ci riportava casi di violenza familiari e quanti ne ignoriamo!. Mentre parlo ho davanti agli occhi volti di donne,di bambine che negli anni ho incontrato e purtroppo continuo ad incontrare e penso che chi esercita la professione e si occupa di famiglia, da operatore non solo del diritto, può raccontare e aggiungere un contributo del tutto personale e prezioso, (come sentiremo) perché ci consente di crescere nella conoscenza.

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Introduciamo allora un nuovo tassello nell’intervento che va via via componendosi: la responsabilità. Lo ritroviamo nel titolo di fondo del Convegno accanto a famiglia,in apparente contraddizione con il diritto alla felicità.

E’ questo un termine che nel mondo del diritto richiama la non facile tematica del danno e dunque porta con sé anche una logica risarcitoria. Ma proprio con riferimento alla famiglia assume ben altra portata, specie a seguito della L.54/2006, in cui responsabilità ha sostituto il termine potestà genitoriale(si è detto ha mandato in soffitta il termine potestà evocativo di imposizione autoritativa, rafforzando invece il senso della autodeterminazione.

Allora responsabilità significherà rispondere alla domanda di recupero della genitorialità, malgrado la crisi; (N.L. ma sottolineare) ma è anche diritto alla bigenitorialità nel rapporto genitori /figli: necessità cioè di mantenere comunque una presenza educativa che consenta la crescita di un rapporto valido che non ostacoli la presenza dell’altro genitore, in caso di separazione; significa anche impedire la strumentalizzazione incolpevole del minore, per esercitare pressioni sull’altro coniuge, per spossarlo, limitarne la sfera di azione renderlo insicuro, minarne la stabilità psicologica.(N.L. pensiamo al ritardo di pochi minuti al rientro che fa scattare la denuncia).

In una parola dunque responsabilità all’interno di un nucleo familiare, in una logica di gratuità, è farsi carico dei compiti di cura e di crescita dei figli, ma anche di quelli di assistenza morale e materiale ,di solidarietà nei confronti del coniuge o del convivente, senza rivendicazione, ma con generosità.

Ricordava l’amato Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio al n.44 “Le famiglie devono essere le prime a far sì che le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non danneggino, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri delle famiglie. In questo senso devono crescere nella consapevolezza di esser protagoniste della c.d. politica familiare e assumersi la responsabilità di trasformare la società; altrimenti le famiglie saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare.

C’è molto di più che un semplice programma in questa intuizione,e non vi è certo una promessa di felicità terrena!, ma una prospettiva di impegno.

Ci spostiamo così allora verso i possibili scenari educativi esterni, che richiedono una famiglia che si rimette costantemente in discussione, in un allargamento della rete privata e pubblica, che consente un migliore coinvolgimento del soggetto famiglia.

Una lettura ben ancorata al reale richiede anzitutto, di partire da un’emergenza educativa attuale europea.

Aumentano le separazioni e divorzi (si parla di oltre un milione di divorzi l’anno, che raggiungerebbero la metà dei matrimoni celebrati annualmente),coinvolgendo negli ultimi dieci anni oltre 17 milioni di bambini. A ciò segue: un’ assenza del padre (sentiremo con che rischi educativi ad es. quanto all’ansia e alla scarsa autostima). Un impoverimento nel senso preciso del termine dei componenti della famiglia (che produce malessere,disadattamento,depressione); famiglie disgregate e distorte che danneggiano la coesione e lo sviluppo della società.

Numerosi i progetti di studi e ricerche (sentiremo le novità dal sociologo), ma anche il recupero di una paziente passione verso la Famiglia, quella con la F maiuscola,che la vede sempre più legata ad associazioni familiari.

Il termine associazione, porta con sé l’idea di organizzazione,dove al di là delle sigle ci si confronta e si diviene maggiormente visibili, si esprime opinione, maturata insieme. E’ stato richiamata la L. regionale 1 del 2.2. 2004, che una recente delibera della Giunta regionale del 9.3.2009 n.109 , ha dato mandato per la creazione di una “Banca dati di mutuo aiuto”, e per la predisposizione di un Albo dell’associazionismo Familiare della regione Calabria.

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Da qui ne deriva che la società diventerà amica della famiglia ( lo abbiamo sentito anche stasera), nella misura in cui riuscirà a percepirla non solo come somma di individui, da assistere nei loro bisogni (bambini, giovani, disabili,anziani),ma come una risorsa, un soggetto comunitario con importanti funzioni sociali.

Il rapporto famiglia /società si è ormai all’Europa, e tenta comunque di rispondere al quesito: serve ancora una famiglia all’Europa?

Si ,se questo soggetto viene messo in condizione di garantire la sua insostituibile missione educativa: occorre consentire, per quanto possibile, il diritto del bambino a vivere con ambedue i genitori (rispettando la residenza emotiva Reg.2201/2003) e ad avere un padre e una madre nelle adozioni; incentivare la stabilità dell’unione coniugale; tutelare l’identità naturale della famiglia nei confronti di altre forme di convivenza; diffondere una cultura dei diritti e dovei della famiglia; riconoscere il diritto dei genitori ad educare i figli, secondo le loro convinzioni etiche e religiose; rendere effettiva la libertà di scegliere tra scuola statale e non statale; salvaguardare l’unità familiare degli immigrati e favorire la loro integrazione sociale e culturale nel rispetto dei valori autentici della loro tradizione( non certo come abbiamo visto in questi ultimi giorni).

La Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo (approvata il 20.11.1989 e ratificata in Italia nel 2001), dichiarava:..

La famiglia, unità fondamentale e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli,deve ricevere protezione, e assistenza necessaria per svolgere integralmente il suo ruolo educativo nella società…

L’ultimo convegno diocesano di settembre svoltosi nella nostra città ha evidenziato la necessità di costruire laboratori che tengano conto di quella che Benedetto XVI con una felice intuizione ha definito la necessità di ripartire da una ecologia umana. (Caritas in Veritas 51)…. Il libro della natura è uno e indivisibile ,sul versante dell’ambiente, come sul versante della vita,della sessualità del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali ,in una parola dello sviluppo umano integrale… 

Occorre proteggere l’uomo contro la distruzione di sé stesso e in questo le ricadute sociali diventano importanti. Quante volte nella disperazione della gente che ascoltiamo nei nostri studi traspare il sentirsi abbandonati, la consapevolezza di non potercela fare da soli, per quanti sforzi si facciano,..per arrivare a fine mese, ma anche per crescere un figlio appena nato…per continuare a tirare la carretta con una moglie brontolona o un marito violento, che cerca nella putia la soluzione alle proprie frustrazioni con l’alcool o con le carte…… un figlio trascurato che cerca in Internet soluzioni diverse.

In queste situazioni parlare di felicità, significa beccarsi un pugno in fronte,una espressione colorita o se va bene frasi del tipo..e sì ,fa presto lei a parlare,ma quando mai ha avuto problemi…

Allora forse la lettura da suggerire è diversa.

Le famiglie possono crescere e devono farlo nella strategia della proposta, che nasce dalla realtà dei fatti, ma guarda lontano,con un respiro ampio. In una città del Sud, che tampona e emergenze e non progetta più, che non si indigna più,che soffre e si rassegna, soprattutto che si lascia scivolare anche le ingiustizie del quotidiano, la logica del passa parola ,che nasce dalla solidarietà del vicinato può essere la prima molla verso l’esterno. Ma occorre di più. Dicevo strategia di rete per cui ci si può inventare una animazione culturale nelle scuole, attraverso i genitori, che non sia mera rivendicazione; nei media, (Internet, televisione,stampa, radio)che non sia lamentazione; nelle parrocchie, che sia festa di inclusione di tutti,soprattutto dei diversi e dei rifiutati; che sia organizzazione di eventi o inserimento in eventi con ampia risonanza nella opinione pubblica e diventi pressione sui responsabili delle istituzioni comunali, regionali provinciali,perché si producano risultati come quelli ottenuti dalla Fondazione Etica; promuovere incontri di studi e proposte sui temi di attualità:immigrazione, bioetica, tempi per il lavoro e tempi per la famiglia.

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Direi in sintesi il diritto alla felicità si costruisce giorno per giorno, trasmettendo anche la propria sofferenza senza banalizzarla, ma tracciando percorsi di speranza e di recupero della dignità della persona, con competenza e professionalità e con voglia di spendersi nella solidarietà con l’altro, perché ogni cellula vitale della società e cioè ogni famiglia, possa riprodursi in continua risposta sincera a un dono ricevuto reciproco e totale, che come dice il mondo del diritto si nutre di relazioni di affetto e di solidarietà riferibili a ciascun membro della famiglia(un padre,una madre,un bimbo,un nonno).

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IL DIRITTO ALLA FELICITA’ IN FAMIGLIA. Violenza e legalità: tra regole e valori

Buonasera e grazie per l’invito cui ho aderito per l’amicizia che mi lega a Renata Melissari, cui non si può dire di no, su un tema con cui purtroppo negli anni ho imparato a confrontarmi nell’esperienza concreta della vita, dove la professione,che pure può aiutare, urta con la rigidità della norma,che quasi mai consente di dare risposte esaustive.

Cioè sempre più spesso su questo argomento, che è da leggere soprattutto al femminile, si evidenzia il fallimento dell’operatore chiamato a dare risposte di giustizia.

E allora provocatoriamente, almeno per me, ho voluto titolare il mio contributo al Vostro incontro il Diritto alla felicità in famiglia, per provare a leggere la violenza tra le mura domestiche (è questa la sottolineatura che sottopongo alle vostre ipotesi di lavoro), partendo proprio dal luogo in cui ognuno di noi ripone le miglior speranze e investe le maggiori risorse.

Di fronte alla continua contrazione e alla crisi della famiglia, le pronunce più interessanti della Suprema Corte degli ultimi dieci anni, sottolineano il valore del nucleo familiare inteso come…luogo di incontro e di vita comune dei suo membri, tra i quali si stabiliscono relazioni di affetto e di solidarietà riferibili a ciascuno di essi(Cass. 10.5.2005 n. 9801)…

Si assiste e gli esempi sono numerosi a una sorta di “umanizzazione” potremmo dire così – della legge. Molti provvedimenti contengono riferimenti o termini come habitat, residenza emotiva, vicinanza abituale,amministratore di sostegno …,che richiamano un’esigenza di stabilità e una ricerca di serenità. Non stupisce allora il titolo del mio intervento Il diritto alla felicità in famiglia.

Sempre di più il diritto alla felicità che nella nostra costituzione(a differenza di quella americana) non è previsto esplicitamente, si evince da tutta una serie di concretizzazioni del diritto alla salute, alla istruzione, alla famiglia, all’assistenza…riferiti ai singoli componenti il nucleo familiare.

Anche la legge 54/2006 dopo un anno di sperimentazione sull’affidamento condiviso, con alterni risultati, vorrebbe consentire di raggiungere serenità di vita per il minore.

Ma la famiglia può diventare scenario di violenze e maltrattatamenti, che oltre a determinare inosservanza dei diritti e inadempienze -di obblighi, comporta la lesione dei diritti personalissimi (onore, libertà fisica, morale o sessuale) e segna in maniera indelebile la Persona ( minore o maggiore che sia).

La cronaca con una cadenza quasi quotidiana (nei mesi scorsi prima del sisma in Abruzzo con una cadenza quasi ossessiva), ci riporta casi di violenza familiari. Si pensi da ultimo alla morte di Lisa Molino di appena anni 22, uccisa dal marito perché ha deciso di lasciarlo, ma anche a Desirèe di 14 anni (Cascina di Brescia , a ..)

Mentre parlo ho davanti agli occhi volti di donne,di bambine che negli anni ho incontrato e purtroppo continuo ad incontrare e penso che chi esercita la professione e si occupa di famiglia, da operatore non solo del diritto, può raccontare e aggiungere un contributo del tutto personale e prezioso, perché ci consente di crescere nella conoscenza.

Sono infatti convinta che occorre continuare a parlare del fenomeno,ad ogni livello, perché la donna non si senta mai sola, ripiegata su se’ stessa, vinta.

Una delle ultime immagini che la televisione ci offre sull’argomento, rappresenta una donna mentre apre la finestra e dice basta alla violenza è ora di ricominciare a vivere …aggiungerei per provare a tornare ad essere felice..

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Da quando nel 1997 il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto al Ministero dei Lavori pubblici e alla Unione europea ed ha ottenuto che prima in cinque e poi in otto città Urban(tra cui Reggio Calabria), venisse finanziato per la prima volta un progetto, per conoscere la percezione e la consistenza della violenza contro le donne nella popolazione locale e il senso della sicurezza, partendo dall’ottica di genere ,per costruire qualità umana e sociale nel territorio, sono stati fatti alcuni passi avanti con ricadute sociali sul territorio di tutto rispetto(penso che la Dott. Rosato ci dirà).

Mi sono convinta però che oggi stiamo attraversando un momento ancora più delicato, direi un’ altra fase in cui la donna si confronta con la violenza.

Lo scarso valore riconosciuto alla vita umana, la riemersione di integralismi mascherati da convinzioni religiose, pensiamo a Desirèe che ha subito la bestialità fisica dei suoi aggressori, alla ragazza marocchina che il padre ha ucciso perchè non voleva sposare un connazionale, più in generale a tutti quei casi di violenza,di stupro, che non finiscono sui giornali,o che vengono alla luce dopo anni di sevizie,quando la persona è psicologicamente e fisicamente segnata; le poche risposte serie di accompagnamento della persona ferita, soprattutto la disomogeneità e la frammentarietà nei progetti di accompagnamento della persona ferita, potrebbero portare quella donna che sulla sua pelle ha ripreso ad avere fiducia, per usare l’immagine di prima, ad aprire la finestra, potrebbero portarla di nuovo a richiuderla, per non riaprirla più.

La violenza familiare, quella che avviene tra le mura domestiche, imposta da un membro della famiglia, subita con paura e timore dalla bambina, dalla donna sposata o convivente, continua ad essere la meno denunciata, anche se le studiose del fenomeno hanno rilevato un significativo aumento intorno agli anni novanta, a seguito della entrata in vigore della legge contro la violenza sessuale (febbraio 1997).

Nel contributo dato al lavoro di rete degli anni 2000, come esperta su tematiche familiari, incaricata dal Sindaco Falcomatà per la nostra città, scrivevo esaminando i risultati della indagine che avevamo portato avanti con le altre città Urban…come la scelta di tacere della donna nasce dalla assenza di una tutela effettiva, dal timore di dure ritorsioni da parte del coniuge più forte, più spesso dalla paura che si diffonda discredito sulla famiglia allargata e su quella di origine nella pubblica opinione. A questi fattori si aggiungono l’assenza di autosufficienza economica e l’insufficienza di strutture idonee ad accogliere la donna (sola o insieme ai figli) per fornirle le prime cure…

Sicuramente in questo senso alcuni passi avanti sono stati fatti, come sentiremo, ma il sentimento di insicurezza che spinge al silenzio, permane.

E che non si tratti di fantasie, né di esagerazioni relative a situazioni conflittuali in famiglia, è dimostrato dal fatto che nessuno di noi, operatori del diritto,né magistrato, né tantomeno avvocato, ci sentiamo di rispondere alla richiesta di protezione avanzata dalle clienti espressa così:.. ma e se mi picchia diventa violento, fa una scenata,ad es. ricevendo l’atto di separazione.. oggi ci sentiamo di rispondere ….Non si preoccupi, non succederà niente… come a volte facevamo (facevo) alcuni anni fa. Anzi invitiamo la cliente a prendere alcune precauzioni: evitare di restare sola in casa, rivolgersi a un pronto soccorso per un referto immediato,che fissi le tracce della violenza fisica, o a un centro antiviolenza per un consiglio ed eventuale accoglienza, avere un cellulare, un telefono a portata di mano per chiamare il pronto intervento.

… Accanto a questi suggerimenti che nascono dalla ragionevolezza e dalla non” banalizzazione” della violenza ,occorre ricordare però che spesso noi donne non conosciamo gli strumenti di protezione che il legislatore ha voluto inserire per esempio già dal 2001,nella vita della famiglia. Alludo agli ordini di protezione contro gli abusi familiari, previsti dalla legge n.154 del 2001 che possono essere richiesti, dalla parte maltrattata, di fatto ancora oggi poco conosciuti,o disattesi.

Non sono in grado di riferire sulle applicazioni che si sono fatte in altre regioni di Italia: è certo che a Reggio Calabria i nostri giudici cominciano ad applicarli se richiesti. In realtà nella maggior parte dei casi anche noi avvocati li conosciamo poco, difficilmente ne chiediamo l’applicazione, preferendo avviare il giudizio di separazione. Eppure l’ordine di protezione civile nel contesto familiare,(art.342 bis c.c.) nasce per allontanare il soggetto maltrattante dal nucleo (sia esso marito o parente o convivente) che con la propria condotta arreca grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge, o convivente. Importante strumento che in costanza di matrimonio, consente al soggetto che prima della legge 154, per sottrarsi alla violenza era costretto ad abbandonare il domicilio coniugale, di rimanere nelle proprie mura, e di ottenere dal magistrato un provvedimento che impedisca al maltrattante di avvicinarsi i luoghi abitualmente frequentati dall’istante, al luogo di lavoro, ai luoghi dell’istruzione,alla scuola dei figli, al domicilio della famiglia di origine, dei prossimi congiunti,cioè a quella rete di protezione naturale che può essere una risorsa per la donna e per i figli.

Mentre però ancora si stenta a fare decollare questi strumenti di tutela il nostro legislatore individua nuove tipologie, tenendo conto della complessità del fenomeno e della a volte raffinata violenza perpetrata dal più forte a danno del più debole all’interno del nucleo familiare. Il riferimento è evidente: parliamo di mobbing familiare e dal mese di marzo 2009 esiste una nuova fattispecie di reato che è lo stalking.

Solo qualche precisazione può farsi sul fenomeno, allo stato oggetto di studio, ed appare sicuramente opportuna, mentre sarebbe presuntuoso da parte mia pensare di trattare l’argomento in maniera esauriente. Tutti conoscono il mobbing che nasce e si sviluppa nell’ambiente di lavoro, che produce effetti devastanti, costituito da comportamenti indesiderati, che hanno lo scopo di violare la dignità di una persona o di creare un clima ostile, umiliante degradante, sui quali le direttive europee hanno già avuto modo di pronunziarsi, non tutti invece sono a conoscenza che il 21 febbraio del 2000 la C.A. di Torino ha segnato con una pronunzia ormai storica ,l’entrata del mobbing in famiglia. Si trattava di un comportamento tenuto in pubblico da un coniuge ,offensivo ed ingiurioso nei confronti dell’altro, sia in violazione delle regole di riservatezza, che dei doveri di fedeltà, correttezza e rispetto, derivanti dal matrimonio, comportamento -si legge nella sentenza –reso ancor più grave dalle insistenti pressioni con cui un coniuge, invita reiteratamente l’altro ad andarsene da casa. Nel caso di specie il marito aveva convinto la moglie di essere totalmente incapace ,e generato uno stato di ansia per cui la stessa aveva interrotto la gravidanza della creatura concepita ,ritenendosi inidonea ad educarla, una volta che fosse nata.

Dunque non solo botte, ma atti che ledono la libertà dell’altro,che provocano ansia ,una sensazione di angoscia nella vittima, urla, strattonamenti, distruzione di oggetti, violenza psicologica,( per es. ricatti,..Ti ridurrò sul lastrico minacce, svalutazioni in pubblico,:…Sei una gallina; rifiuto continuo dell’altro, crudeltà ,.Ti impedirò di vedere tuo figlio… battutine) non ultima la violenza economica: un insieme di atti destinati a creare dipendenza nel partner. Non concessione della carta di credito, impossibilità di aprire un conto corrente,tirchieria.

Esiste poi il mobbing genitoriale esercitato dai genitori nei confronti dei figli che si esprime in una serie di comportamenti inadempienti agli obblighi di cura, di educazione, di violazione sistematica del diritto di visita, ma anche farli assistere a violenze fisiche o alla denigrazione costante e alla delegittimazione dell’autorità paterna o materna, sino a farlo diventare (mobbing strumentale) lo strumento incolpevole e inconsapevole, per esercitare pressioni sull’altro coniuge, renderlo insicuro inventando disagi psicologici,i o accuse di abuso fisico e o psichico.

Di queste fattispecie, caratterizzate dalla ripetitività e dalla unilateralità, ancora il diritto non ne tiene conto in maniera autonoma predisponendo una tutela appropriata nelle pronunce, limitandosi nella separazione a farli confluire nella pronuncia di addebito.

Anche la fattispecie dello stalker, potremmo dire dell’innamorato respinto o dell’ex coniuge, può scatenare forme di violenza, pedinamenti, sms, email, telefonate, appostamenti, apparizioni improvvise, ma anche molto altro(Abbandono di animali morti sull’uscio…): tutti caratterizzati dalla voluta intrusione nella vita privata della vittima, sino generare ansia e senso di mancanza di libertà.

Sono queste ipotesi di violenza nuove, direi più raffinate, ma non per questo meno gravi, opposte ai valori quali libertà, lealtà,solidarietà, correttezza,serenità in famiglia .

Le pronunce,non molte in verità, che ci sono state sino ad oggi anno un denominatore comune: tutte considerano comportamenti violenti quelli che toccano i diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità fisica ,morale ,sociale e la dignità dell’altro coniuge, superando così la soglia definita minimale rispetto della personalità del patner e dunque non giustificabili neanche come atti di reazione ,o di ritorsione .

Ho voluto ieri confrontarmi con una ragazza su questo tema, le ho chiesto quali fra le situazioni che vive una donna, una sua coetanea,che subisce violenza lei vede maggiori difficoltà. Questa ragazza che si chiama Valeria mi ha risposto :il dopo.

Ecco credo che lo snodo fondamentale del nostro confronto di stasera sia proprio qui: pensare che risolveremo il problema della violenza mi pare impossibile, ma chiediamoci una volta che la donna subisce violenza, quale essa sia, il suo dopo , il suo futuro come lo percepirà?

Le interviste che spesso leggiamo, che avevamo raccolto nel testo il filo e il Minotauro, ci raccontano una donna che si definisce un punto interrogativo. Niente è più chiaro per lei,spesso non riesce ad intravedere una fine a un periodo di turbamento e di incertezza, in cui a volte l’istinto di conservazione è l’inizio di una lenta e faticosa risalita.

Credo che occorra ripensare una strategia di aiuto, in cui si vigili attentamente sulla realtà, per creare un senso di comunità e appartenenza attorno alla donna, in un clima di fiducia al fine di ridurre le situazioni di disagio attraverso la promozione della figura femminile, nel suo ruolo di madre,moglie e donna che lavora, ruoli interdipendenti.

In questo senso l’opera delle associazioni culturali, come la vostra che opera nella nostra città è meritoria ,anche se andrà meglio coordinata e integrata anche dai rapporti con le istituzioni.

Ciò che occorre non dimenticare mai è la chiave dell’ascolto, della vicinanza ,a volte una parola, un sorriso, l’asciugare una lacrima può servire a trovare insieme la chiave giusta per ricominciare.

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LA CARTA DEI DIRITTI O I DIRITTI DI CARTA?

Grazie dell’invito, gradito e inaspettato che mi è giunto da un’associazione l’AVIS, che svolge nella nostra città un’infaticabile opera di volontariato e di formazione,…………….

Il tema che è stato scelto dagli organizzatori, cade in occasione dei sessant’anni della costituzione. Sessanta è l’età dei bilanci, l’età della saggezza e in effetti siamo parlando molto di e su questa carta dei valori. Ne discute il governo, ne stanno parlando i docenti di diritto costituzionale, ne hanno discusso recentemente a Roma i giuristi cattolici,in occasione del loro incontro annuale e stasera ne discutiamo anche noi con voi.

Cosa significa questo? Certamente che questa Carta dei valori(mi piace definirla così) perché l’espressione contiene ed esprime qualcosa in più dei diritti, La carta dei valori dicevo riflette ancora oggi la nostra immagine di cittadino italiano. Sono convinta che per la maggior parte di noi sia ancora così.

Lo dicono le statistiche lo dice l’entusiasmo con cui ancora se ne parla e se ne scrive in molti testi giuridici, lo dice soprattutto il fatto che il nucleo fondante (appunto i valori che la Carta esprime, ) non è stato modificato, benché molti governi si siano succeduti ,molte vicende storiche abbiano investito questa Carta, ponendola al centro di discussioni più o meno pacate.

La Carta dei valori si chiede nell’invito dunque, è carta dei diritti? Mi piace qui ricordare un’espressione che ho sentito adoperare a Roma dal prof. Cardia .La nostra Costituzione è aperta al futuro.ed ha trovato conferma nei diritti universali, previsti nella Convenzioni e nelle dichiarazioni dei diritti (pensiamo a quella dei fanciulli del 1989 ,ratificata in Italia nel 1991 ),ma ancora prima alla dichiarazione dei diritti dell’uomo. E quando parliamo di diritti universali, pensiamo all’uguaglianza, ai diritti inviolabili della persona, all’accesso a questi diritti.. La nostra Costituzione cioè ha rifiutato due modelli quello ottocentesco e quello ideologico dei primi del ’900, per puntare su una società che si fondi su valori certi, che vanno costruiti e interpretati..

Questo ci consente oggi di dire che la carta dei valori di ieri (1948) si è proiettata nel futuro, contenendo la possibile soluzioni a quesiti, allora non prevedibili.

Si è parlato in questo senso di una dimensione profetica della Costituzione. Il profeta è colui che annunzia e precede e la nostra Costituzione ha consentito nella sua dimensione più ampia di leggere IERI, una proiezione nell’oggi e ci consente di ritenerla ancora valida per il domani.(certo non dobbiamo farle dire cose che non dice).

Questo è avvenuto però perché la piccola pattuglia dell’assemblea costituente, arrivò preparata alla stesura della costituzione, con un progetto concreto .Si presentavano uomini e donne che avevano vissuto l’esperienza della guerra e che avevano memoria di ciò che non avrebbe dovuto ripetersi.

Dunque dimensione profetica della Carta dei valori, per la promozione dell’uomo e della sua dignità.

Ho letto recentemente una stesura della nostra costituzione, riscritta dai più giovani una classe elementare di Palermo, in cui sono stati evidenziati i diritti all’ascolto, al gioco, alla scuola, al riposo,al rispetto della corrispondenza, con un ordine proposto dai più piccoli cittadini come noi, che intende sottolineare l’importanza che occorre riconoscere alla previsione dei diritti.

Non mi soffermo, in questa sede e almeno per ora, sulla dimensione dei doveri: ognuno di noi sa che ad ogni diritto corrisponde un dovere dal cui rispetto cresce un ordinato vivere civile dell’intera collettività. Voglio invece provare a rileggere con voi alcun diritti, certamente per flash,senza di che non riuscirei a stare nei tempi, per tentare di comprendere come dice il tema di oggi, se sono diritti di carta?

E partirei dal diritto alla cittadinanza ,intesa come residenza, non come astratta appartenenza ad un ente (cioè nazionalità) che garantisce ai residenti (anche non cittadini) un catalOgo di livelli essenziali di prestazioni in materia di diritti civili es sociali.

Chi è residente è radicato in un territorio, pensate che si parla di residenza emotiva (cioè dell’attaccamento agli affetti, specie per i minori, agli amici, agli animali), da cui deriva la partecipazione alla nostra società civile. Oggi ci sentiamo anche cittadini del mondo, parliamo di doppia cittadinanza,di cittadinanza europea, parliamo una lingua in più ( almeno ci proviamo!), soprattutto da quando si è cominciato a leggere l trattato introduttivo della Costituzione europea, poi della Carta di Nizza, cioè di diritti essenziali quali il rispetto della vita privata e familiare, la dignità,il diritto alla vita.

La sfida per le collettività locali è garantire l’accoglienza,senza rinnegare l’identità, collettiivà come la nostra che devono essere autonome nel curare il proprio sviluppo ,ma aperte all’inclusione di tutti coloro,che si trovano stabilmente su un determinato territorio, e perciò hanno il diritto dovere d partecipazione, in cui la cittadinanza si fonda sulla residenza.

Altro diritto fondamentali, oggi abbiamo come interlocutori privilegiati, gli alunni della scuola media, e dunque è corretto parlarne, è il diritto all’istruzione.

La nostra costituzione ci dice nell’art. 34 che la scuola è aperta a tutti. Alcuni mesi fa la Camera ha approvato una mozione della Lega a favore delle classi ponte, per gli alunni stranieri,per regolare l’accesso per i figli degli immigrati alla scuola di ogni ordine e grado ,stabilendo il superamento di prove di valutazione. Se ne è parlato molto inizialmente,poi l’argomento è passato in secondo piano.

Forse questa è un’ipotesi in cui potremmo parlare di diritti di carta.

L’istruzione è una delle sfide più importanti del nostro sistema ,perchè in alcune scuole la percentuale di stranieri in classe supera l’80%.

Alcuni dati:574.133 gli alunni stranieri presenti nelle scuole italiane, di cui 111.044 elle scuole di infanzia e 217.716 elle primarie; nelle secondarie 126.396 ; nelle superiori 118.977; altro dato rilevante 12.342 gli alunni nomadi.

Molti di questi bambini sono nati in Italia e parlano l’italiano con l’inflessione dialettale assorbita sul posto; altri sono di recente immigrazione e hanno bisogno di imparare la nostra lingua nel modo più veloce ed efficace ,senza avere l’impressione di gravare sullo svolgimento del programma. Le famiglie dei nostri bambini non devono vedere la presenza degli stranieri come un problema, o peggio come un pericolo. Tuttavia oggi se l’inserimento funziona ancora è solo grazie alla buona volontà di insegnanti e presidi. Le risorse sono scarse e un laboratorio linguistico permanente ,per l’inserimento graduale di chi non consoce l’italiano ,nella maggior parte delle scuole,è solo un sogno. (Però ad es. noi laureamo qui a Reggio Calabria, mediatori culturali, figure importanti per l’integrazione ).

Ci sono esperienze che funzionano, che costruiscono le classi aperte, che prevedono alcune ore di permanenza in quella di base, ad es. nel modenese per favorire l’integrazione, in cui converge la generosità di Fondazioni di banch eocme la Cassa di Risparmio.

Se le classi ponte saranno intese come classi separate ,o peggio ancora classi ghetto, dunque scuole di serie B, il diritto all’istruzione tornerà ad essere un diritto di carta, falliremo quella opportunità, che in questi giorni abbiamo anche sentito cantare a Sanremo (Youssou n’Dour ), che consente di dire …benvenuto amico mio

. . .

Un altro diritto che potrebbe diventare un diritto di carta, o che forse lo è ancora, è il diritto alla salute. Come è noto l’art.32 della nostra costituzione prevede un’ampia tutela del valore salute, riconoscendolo come valore individuale e collettivo; il che significa come sappiamo bene, ben oltre la semplice salute fisica .In senso generale potremmo dire qualità della vita, ma il termina si presta ad esser frainteso , se affidato a una libera interpretazione: si recupera il giusto senso, se lo si collega invece alla dignità della persona, appunto a quell’esistenza libera e dignitosa e il rispetto di questo diritto fondamentale.

Possiamo dire allora che la cura deve restituire al malato il proprio equilibrio vitale.

Così leggiamo nelle Carte dei diritti del malato:

diritto ad essere informato nelle fasi iniziali e nel corso della malattia,

…..ad accedere ad ogni servizio sanitario e o assistenziale,

…. di disporre di servizi specializzati:

…..di scegliere fra le diverse opzioni che si prospettano,

………..ad una speciale tutela e garanzia fisica e patrimoniale considerata la sua vulnerabilità; con riferimento ai minori potremmo aggiungere, divieto di riproduzione di fotografie, di immagini, tutela rafforzata della riservatezza,.

Se vogliamo provare a tradurre questi diritti in esempi concreti diremo che Il malato deve essere rispettato come individuo, non deve essere frammentato, secondo una serie di infinite specializzazioni terapeutiche, in ospedali e ambulatori sempre più simili a catene di montaggio che a luoghi di cura (modifica delle regole e dei ritmi ospedalieri, es. orari dei pasti, orari del risveglio, rispetto della morte e del dolore).

E ancora :il ricovero è un’esperienza traumatica che va limitata ai casi di effettiva necessità: oggi è possibile e conveniente offrire servizi qualificati a casa con il vantaggio di migliorare le condizioni psicologiche dei malati e decongestionare gli ospedali (riduzione della centralità dell’ospedale, ospedalizzazione a domicilio, potenziamento dell’assistenza domiciliare).

Dunque aiuto e cura nella formazione del personale di assistenza, ma anche del medico come figura centrale, come buon samaritano diremmo, che si ferma e si prende cura di chi incontra, perchè ha uno sguardo e un cuore di compassione.

Sapete che oggi si parla del “tutore del cuore”, termine con cui si traduce la figura dell’amministratore di sostegno di quella figura che la legge 6 del 2004 ha introdotto proprio a sostegno di quelle persone che pur essendo capaci di intendere e di volere, hanno bisogno per alcune attività di essere assistite da un’altra persona, che li accompagni a pagare e bollette, che li aiuti a versare la pensione in banca o a ritirarla all’ufficio postale, a fare la spesa ecc.

Le esemplificazioni potrebbero andare avanti a lungo, ma il senso del nostro incontro, anche alla luce di quello che abbiamo sentito va chiarendosi definitivamente.

La nostra Costituzione ,la carta dei valori è a tutt’oggi valida nella sua dimensione di promozione di valori, quali la solidarietà, (art.2),la partecipazione al bene comune, la famiglia legittima.

Qualsiasi strumento giuridico ha in sé però i limiti della rigidità, della poca flessibilità, che è propria della norma. .Esistono le traduzioni dei valori, le ricadute sociali degli stessi. Si cresce ,lo dico soprattutto a voi ragazzi coltivando una progettualità concreta che nasce da quella cultura che è ciò per cui l’uomo diventa più uomo.

L’incontro di stasera mi pare abbia proprio questa finalità: impedire che i diritti rimangano sulla carta, o si vanifichino, diventando di carta, per le incapacità di noi adulti di testimoniarvi possibili alternative all’egoismo, alla chiusura, alla paura, alla diffidenza. Don Milani diceva ..l’educatore deve essere per quanto può profeta,scrutare i segni dei tempi ,indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in modo confuso.

La passione per l’altro, chiunque altro da noi che incontriamo sul nostro cammino è un ingrediente di fondamentale importanza. .

La passione porta con sè la gratuità dell’impegno e coltiva il valore della solidarietà. La nostra vita da cittadini non è tale se non ci curiamo degli altri e delle problematiche che attengono al bene comune,,partecipando ad occasioni di crescita, informandoci, partecipando alla vita sociale, anche senza stare dentro alle istituzioni, lavorando per al comunità.

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LA LAICITA’ NELL’ AZIONE DI UNA ASSOCIAZIONE DI FAMIGLIE. Cosa significa,perché è importante.

Grazie per il cortese e inaspettato invito, nato tra pendolari ,agli aliscafi mentre mi recavo all’Università, dunque vicino al mare, mentre oggi ci troviamo in questa incantevole \cornice montana. Invito gradito perché mi ha costretto (si fa per dire) a riflettere su argomenti che occupano una parte importante della mia vita individuale, di famiglia e di membro di comunità Cvx. Ma direi grazie perché mi consente di conoscere una realtà quella dell’AFI di cui avevo solo sentito parlare, ma che oggi incontro nella sua concretezza.

Devo anche dire ad onore del vero, che il tema che trovate scritto nella locandina mi è stato garbatamente direi, imposto da chi mi ha invitato, esattamente nei termini in cui lo vedete scritto. E dico questo perché, come avete sentito sono un operatore del diritto e dunque la mia familiarità con questi temi ha un approccio necessariamente diverso. Ho pensato perciò di utilizzare la chiave di metodo generale, partendo da un approccio generale al tema di studio. Così da un livello di generalità sulla laicità, passerò poi allo specifico della laicità nell’azione di un’ associazione familiare , cioè cosa significa operare da laici ,per trarre infine alcune linee conclusive, possibilmente utili per il vostro lavoro di approfondimento del pomeriggio nei gruppi di lavoro.

Il tutto incontra la difficoltà di contenerlo in tempi brevi,ma spero sufficienti, per come mi è stato richiesto e ai quali mi atterrò.

Una premessa è d’obbligo e la prendo dal titolo della giornata, partendo appunto dalla società liquida, termine, come ci spiegate attribuito al sociologo polacco Zimunt, al quale io assocerei parlando della famiglia, la famiglia fantasma, espressione e titolo di un libretto a firma Gian Mario Felicetti, o le famiglie (espressione cara ai giuristi messinesi Scalise) ,o ancora la famiglia arcipelago (attribuita alla scuola pisana 2 Busnelli). Dove i termini indicano da un lato la perdita di visibilità della cellula vitale della società, dall’altra la frantumazione e i tentativi di manipolazione dell’intreccio delle relazioni originarie/acquisite (famiglia allargata, famiglia ricomposta (stup family) da intrecciati divorzi, famigliastra); o ancora di famiglie che si ritagliano spazi fuori disegno, slacciandosi dalle regole di legge (convivenze more uxorio, famiglie “di fatto”); o infine sfondano il confine concettuale primario (coppie “familiari” omosessuali).

Queste ed altre definizioni e ancora di più i tentativi di legiferare su queste realtà rivelano una reale crisi della istituzione familiare, con cui giornalmente ci confrontiamo e alla quale non è facile, anche se non impossibile porvi rimedio.

Lasciamo però al momento questa premessa, che aggiunge ulteriore complessità alla nostra indagine e soffermiamoci sul termine laico o laicità per provare a sgomberare il campo da alcuni equivoci:

Anche questo termine infatti è divenuto polisenso e nel tempo ha assunto anche una eccessiva genericità, per cui da parte di molti studiosi autorevoli viene la sollecitazione all’abbandono, cioè a non utilizzare le varie accezioni, per evitare di procedere ad analisi inutili ai fini della comprensione corretta, e di un dibattito che possa essere costruttivo(Dalla Torre).

In altre parole il lessico diviene importante per evitare di confondere ciò che è veramente laico, da posizioni che hanno una portata ideologica e dunque non sono realmente laiche, se non perché si autoqualificano così.

….

Alcune coordinate precise possono aiutarci a procedere nel senso della chiarezza:

a) così la consapevolezza che laico e laicità sono termini di origine cristiana e che possono essere intesi solamente all’interno di una cultura le cui radici affondano nella tradizione giudaica-cristiano. La secolarizzazione del termine laico (sia in senso positivo che negativo), è un processo che avviene all’interno della società di tradizione cristiana, sia pure con una portata universale;

b)  (altra linea) occorre contestualizzare i termini con l’esperienza storica,sociale e culturale ( e qui basta ricordare che la democrazia nord-americana disconosce i termini laici e laicità e conosce secolarismo e secolarità;

c) infine evitare di ridurre la indagine alla sola prospettiva politico- giuridico, ed allargarla alla interdisciplinarità, che sola può consentire di raggiungere una mappatura adeguata e pertinente alla realtà.

Come è a tutti noto il termine laòs nella radice semantica significa (popolo, folla moltitudine), che diviene presso gli antichi romani un popolo costituito da cittadini, (con diversità di usi, costumi, stirpe che converge in una moenia e diviene concorde intorno ad un unico patto (Cicerone). Nella prospettiva dell’Antico Testamento il popolo diviene quello di Jhawè, popolo di Dio o popolo Santo. Infine nei nuovi Vangeli il nuovo popolo, quello cui allude Paolo alla metà del I sec.d.C. è l’essere e della Chiesa come costituita da un capo (Cristo e da un Corpo, appunto il popolo). Non posso andare oltre, ma è sicuramente coinvolgente rileggere le fonti della nostra storia alla ricerca delle origini di un termine come laòs, che ha in sé una ricchezza così profonda.

….

Ci aiuta allora a fare un passo avanti nella nostra indagine il riferimento all’identità del laico.

Nel 2000 venne fuori un Manifesto laico( edito Laterza (Roma), in cui laico viene interpretato come sinonimo di laicismo e pertanto secondo alcuni di ateismo, anticlericalismo aggressivo. Incontrò l’opposizione di autorevoli personalità della cultura, che rifiutarono di firmarlo(pensiamo per tutti a Norberto Bobbio). E’evidente che non tutti i laici non credenti sono laicisti; esistono invece i laici cristiani, che sono diffusamente e diversamente presenti nella vita della comunità, anche se non sempre visibilmente presenti nella vita sociale. Potremmo dire che questa visibilità è legata a una maggiore o minore coscienza della vocazione laicale. Anche su questo occorrerebbe riflettere ,perché è evidente che la responsabilità della propria vocazione è legata alla coscienza che ho della stessa.

Tornano in mente le tendenze a marginalizzare i laici cristiani, affermando che non sono preparati o non vogliono partecipare o non hanno tempo di partecipare alla vita della comunità cristiana:l’invito Venite anche voi nella mia vigna (come scrive a commento Enrico Masseroni in un bel lavoro Laici cristiani tra identità e nuove sfide,SAN Paolo 2004) non arriva al destinatario,o non trova ascolto .

C’è una spinta poi che tende a rimandare i laici cristiani nel tempio. Non mancano infatti laici impegnati nella comunità cristiana:operatori pastorali, catechisti,che però non si vedono nel mondo della scuola o del lavoro, della cultura, della comunicazione della politica. A volte non si vedono in questi ambiti di impegno. Sembra infatti che la preoccupazione di tante parrocchie e a volte di qualche parroco (devo dire ormai almeno a Reggio in minoranza) sia quella di avere laici collaboratori nelle cose di Chiesa. (si parla di ministerialità del laico, che in Italia tocca il due,tre per cento).

La tendenza però maggiormente preoccupante è quella che vorrebbe vedere i laici cristiani tornare in sacrestia: è il frutto di quella cultura che riconosce la libertà religiosa, ma come e nello spazio di una coscienza individuale. La sintesi è:la fede è un’esperienza privata non ha diritto di essere visibile, né di proporre una visione del sociale.

Il nuovo compendio della dsc al nro 541 con chiarezza afferma che la connotazione essenziale dei fedeli laici, è l’indole secolare della loro sequela di Cristo ,che si realizza appunto nel mondo. Partendo da questa premessa si coglie come la testimonianza del fedele laico nasce da un dono di grazia ,riconosciuto, coltivato e portato a maturazione (n 544). E infine …leggiamo al (n 543) il compito proprio del fedele laico, nell’annuncio è un’esemplare testimonianza di vita, radicata in Cristo e vissuta nelle realtà temporali: famiglia, impegno professionale nell’ambito del lavoro, della cultura, della scienza e della ricerca; esercizio delle responsabilità sociali,economiche e politiche…

Non commento questi numeri del compendio, che voi sicuramente conoscete meglio di me, se non per segnalare come i dati (se vogliamo definirli così) essenziali su ci lavorare li abbiamo.

SINTESI

Possiamo provare a questo punto della nostra costruzione una prima sintesi, che non mi pare azzardata: il laico è qualsiasi persona uomo o donna, comunità,o associazione che vive nelle realtà quotidiane, con fedeltà la propria testimonianza di vita.

E per famiglia (almeno finché l’art. 29 della Costituzione non verrà modificato), società naturale fondata sul matrimonio cellula fondamentale della società (come si legge nel vostro statuto).

Infine qualsiasi associazione famiglia, è formata da LAICi traduci comunità (laòs) , operante perché costituita da persone vive e e vitali.

Esiste una dimensione interna della famiglia e a una dimensione esterna, (che non vuole dire però ancora aperta). Nella dimensione interna gli interessi dei singoli marito, moglie ,figli, si fondono fino a costituire l’interesse della vita familiare, che il nostro legislatore ha tradotto nell’indirizzo della vita familiare, del tenore di vita, degli accordi e delle intese di massima. E’ evidente che in questa famiglia la dimensione dell’individualità rimane prevalente, temperata dalla volontà di crescere insieme ed educare,istruire e mantenere i figli secondo le aspirazioni,inclinazioni, e capacità degli stessi. Dall’esperienza concreta e dal personale osservatorio professionale, vedo(ma ritengo che anche voi ne siate consapevoli) che la famiglia è più fragile anche per questo ripiegamento in sé stessa, per questo voler creare ,a volte, una sorta di cinta di protezione per la coppia e per i figli In cui cioè il matrimonio diviene limite della propria libertà; in cui il matrimonio viene vissuto come contratto e dunque revocabile dalla volontà dei contraenti o anche di uno solo, perché l’unione coniugale risulta non gratificante e delude il desiderio di felicità. Di più il rapporto con il figlio o con i figli muta: il figlio non è più un dono, ma un diritto: il diritto al figlio sano, ad ogni costo e con ogni mezzo, attraverso le nuove tecniche di fecondazione artificiale, e l’abbandono della cultura dell’adozione.

A meno che … ed è questo l’aspetto di novità se vogliamo nella riscoperta di identità interna alla famiglia che andiamo delineando – la comunità riconosca e armonizzi i percorsi educativi in una logica di integrazione,che significa proporsi l’obiettivo, di maturare insieme la persona, il cittadino che partecipa e il lavoratore, facendosi carico di fondere e formare nella persona con la sua dignità, la progettazione personale e insieme la sua professionalità. Ecco che allora la donna che vuole entrare nel mondo del lavoro, con figli piccoli vedrà che la legge sui tempi della città (meglio nota come la legge sul congedo parentale) non è di ostacolo, ma si vedrà aiutata dal marito a condividere la fatica e la difficoltà del progetto, forse della rinuncia o della attuazione consapevole.

I padri in questo progetto dovrebbero essere più presenti( diciamo spesso che abbiamo una società senza padri, perché nella fragilità del momento, nella frantumazione attuale il padre rifiuta di assumersi le responsabilità della crescita e rivendica i propri diritti( anche se si notano alcuni deboli segnali di cambiamento).

I figli non saranno confusi e disorientati, ma cresceranno alla scuola della solidarietà e della gratuità che è la famiglia , mentre i genitori li aiuteranno a sognare il futuro, sosterranno lo slancio in avanti degli stessi, (quante volte sentiamo o diciamo:..ma è un sognatore! Non si sa (lo dico anche per me) se con un misto di tenerezza o di delusione o entrambe (insieme).

A questo proposito a Pescasseroli, in occasione della settimana estiva della CEI sulla famiglia di quest’anno, che si poneva come tema centrale Educare da cristiani in famiglia, molti genitori sono apparsi sempre più disorientati ,ormai rassegnati, passivi sul futuro dei figli. Dicono alcuni autori che oggi si parla sempre più spesso di emergenza educativa.

Educare è in primo luogo relazione, è la vicinanza che è propria dell’amore,consapevole e maturo.,diventa chiamare l’identità dell’altro stessa.a venir fuori, ad emergere, ad essere se stessa.

E qui non si possono dimenticare i nonni con il bagaglio della memoria, del ruolo educativo privo di responsabilità dirette, dello slancio dinamico. I rapporti significativi ,oggi richiamati nella legge 54 del 2006 sull’affido condiviso. Sappiamo bene come la nostra società non va spesso nel senso della rivalutazione della figura dell’anziano, visto come una figura ingombrante, talvolta da sopportare*, anche se in molte realtà locali di piccole città come la nostra Reggio il nonno, l’anziano vive ancora all’interno del nucleo familiare e non è solo portatore di vantaggi economici con la pensione di cui gode, ma direi è baby sitter nel senso migliore del termine assicura stabilità affettiva e relazionale.

Dunque la Carta per i diritti della Famiglia del 1983 rimane uno strumento di confronto valido proprio con riferimento ai valori relazionali fondanti della dignità della persona e dei singoli componenti.

. . .

Il rafforzamento della struttura interna tuttavia sarebbe sterile, senza una proiezione esterna, soprattutto tenendo conto delle spinte disgreganti che la famiglia subisce, di fronte alle quali non può rifugiarsi sul monte: diversamente tradirebbe la sua identità laicale.( Anche se questa giornata può essere considerata quell’ invito pressante del Vangelo: Venite e riposatevi,dove riposo significa non fermarsi per correre più in fretta,ma fare memoria per rimettere al Centro della nostra Vita, Colui che ci ha fatto incontrare come coppia prima,come famiglia poi e di accompagna nel Cammino).

In un interessante articolo edito dalla riv. dei Consultori familiari oggi, a firma Olimpia Tarzia, (Pres. Comitato epr la famiglia) si indicano in dieci punti gli svantaggi economici di essere una famiglia in Italia: (ne ricordo alcune: trattenute Irpef, assegni familiari, farmaci generici, bollo auto, acqua potabile ecc) . Sarebbe riduttivo certo pensare di esaurire la ricchezza della cellula fondamentale della società in chiave economica (e peraltro questo è oggetto di un altro intervento del vostro presidente), ma è certo che i profili economici hanno ricadute pesanti sulle scelte di coppia, sulla libertà e la responsabilità della famiglia e sul peso della famiglia nella nostra società.

E’ anche questo un settore in cui l’operatività laicale associativa diventa importante.

La persona, cittadino, professionista lavoratore ,di cui parlavamo, che si è formato nella crescita naturale(0-18) ,le persone che lo accompagnano(genitori, nonni) e le persone stesse che crescono ogni giorno,( cioè la coppia, tutte si aprono all’accoglienza delle altre famiglie, degli altri nuclei familiari in crisi e in salute, in atteggiamento di sostegno, promozione, tutte parole che per voi AFI, come leggo nel Vostro Statuto ,hanno un peso perchè riassumono e specificano la vostra identità.

Siete nati come associazione a Verona nel 1991 , nell’anno in cui la l. 266 del 1991, prendeva atto della persona a vocazione sociale (progetto Lipari)e lo traduceva in una realtà giuridica quella del no profit, del volontariato, dell’apostolato, che tanto bene fa ed ha fatto alla nostra realtà nazionale e locale (senza nasconderci o dimenticare le ombre esistenti). L’ articolo 3 del vostro statuto, che riassume le attività da voi perseguite, segnala gli obiettivi che volete raggiungere.

Gli impegni culturali, (Domeniche delle Famiglie, vacanze per le Famiglie, ..) gli Impegni sociali delle famiglie ( Sportello famiglia, azioni solidaristiche…) il Vostro impegno politico lato sensu (Forum, Consulta Comunale Corsi per amministratori locali), per come ho avuto modo di leggere nel sito, segnalano che la strada è quella giusta.

Occorre rafforzare la visibilità acquisita a livello nazionale, con azioni a livello locale, che indicano come la comunità (il laòs) è viva, operante.

Un operatore del diritto come me, abituato a leggere norme ,e tentare di interpretarle, per cogliere lo spirito di uno o più provvedimenti, si fa trascinare volentieri dagli obiettivi, dalle attività di cui parlate:non può che restarne incuriosito e stimolato a mettersi a fianco a Voi, nel suo lavoro, per continuare a costruire Famiglia. Come è interessante che nel Manifesto , Più Famiglia, anche da voi sottoscritto, del 19.3.2007, si continui a parlare di identità personale per maturare un progetto di vita aperto alla solidarietà…Era un’Italia lieta, gioiosa, pacata e tuttavia risolutamente consapevole dei propri diritti violati ignorati ,ho letto in un commento alla giornata del Family day. Ma era anche un ‘Italia sorpresa, che si guardava intorno e si meravigliava di essere così vasta e che tuttavia comprendeva che ad affrontare i problemi quotidiani delle famiglie sono in tanti. Era cioè un’Italia a favore della vita, perché è evidente che dove si rafforza la famiglia fondata sul matrimonio, si difende anche meglio la vita umana e le nascite.

E non per spirito rivendicativo, o di debolezza della famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio, bensì per esigenze di chiarezza e di sostanza di fronte alle nuove sfide,(uso un termine in parte improprio) che sono rappresentate dall’immigrazione, dall’adozione, dalla procreazione, dalla ricerca del lavoro:tutte realtà positive in cui la identità della famiglia rafforza il suo ruolo profetico.

(Ho visto che oggi sarà oggetto di un gruppo di studio, cui auguro un proficuo lavoro).

Lavorare da Laici in un’associazione di famiglia significa allora , essere aperti al dialogo, testimoniare, senza prevaricare gli altri, con falsi pregiudizi o precomprensioni, ma anche senza fare sconti sulle proprie scelte. (Il vostro parlare sia si,sì/ no, no)

Allora tentando alcune esemplificazioni :

  • Mettere al centro la persona e la sua dignità significherà allora prepararsi all’accoglienza e accogliere la famiglia immigrata, deterritorializzata, che chiede risposte di giustizia sociale. Non possono solo essere risposte di controllo e contenimento, azioni orientate da una logica di emergenza. La fase attuale del fenomeno migratorio richiede che ci si confronti con problematiche quali diritti umani. Globalizzazione, mondializzazione, processi di inclusione .Le famiglie migranti rappresentano un universo articolato, un microcosmo eterogeneo per provenienza ,appartenenza religiosa, la cui forza sta nello spiccato dinamismo e nella capacità di adattamento al mercato del lavoro; emergono bisogni propri delle esperienze migratorie, come richieste di servizi di mediazione, culturale, nella nostra città esiste il corso per mediatori presso l’Università per stranieri) di assistenza agli anziani,e all’infanzia, l’accesso al credito, la valorizzazione della cultura di origine.
  • Nella fase dell’insediamento la famiglia migrata deve fare spesso scelte fondamentali rispetto al progetto 10 migratorio:sposarsi o ricongiungersi con la famiglia, lasciata in patria,cambiare lavoro,a acquistare casa, decidere di generare altri figli,gestire con maggiore consapevolezza propri della vita quotidiana, dall’accesso ai servizi pubblici ala valorizzazione delle proprie specifiche culture…)

Chi meglio di un’associazione familiare può tentare di comprendere sino a giungere a condividere queste scelte?

Altra esemplificazione:

L’adozione e l’affidamento familiare ancora prima e forse di più hanno raggiunto a livello locale e nazionale risultati apprezzabili certamente ,ma non ottimali. Nelle nostre realtà locali c’è ancora molto da fare, ma occorre recuperare il senso profondo di questa risposta genitoriale, che dovrebbe essere anzitutto una risposta d’Amore (con la A maiuscola). Troppo spesso adottare significa solo ancora rispondere a un bisogno personale di genitorialtà e non mettere al centro della propria storia di coppia, il bambino. Sentiamo e constatiamo spesso anche professionalmente come la coppia non è adeguatamente sostenuta nel suo ruolo, ma anche che la coppia stessa dopo una prima risposta generosa di apertura si rinchiude , rifiuta di crescere e di accettare la crescita e quindi restituisce il minore. (si parla di funzione genitoriale riparativa).

E’ altresì vero che è interesse del minore crescere nella famiglia di origine, a volte però non è possibile e allora occorre cercare una famiglia che transitoriamente (quanto? ) lo accolga. Un’associazione di famiglie deve (soprattutto nello specifico della nostra realtà ) dare, formandosi, la disponibilità ad accogliere questi minori ,in una prospettiva di lunga o di breve durata, consapevole che ciò che è veramente importante, è il bagaglio di affetto che si dona senza fine e senza chiedere mai il conto.

Il recupero della forza e della generosità e della autenticità della motivazione nell’adozione, può così riequilibrare la richiesta di un figlio in provetta ad ogni costo. La L. 40 e le applicazioni che in questi giorni stiamo leggendo di nuove e aberranti sperimentazioni su embrioni animali con il Dna umano, e dunque la 11 creazione di mezzo uomo e mezzo animale che si sta attuando in Inghilterra; la clonazione terapeutica; i tragici errori (la soppressione di un feto sano invece della gemella malata), l’avanzare della eutanasia, sono solo alcuni degli ultimi esempi dei campi di applicazione e di serio impegno laico, per un’associazione familiare che vuole diventare motore di cambiamento. Campi di applicazione dove non c’è spazio per la approssimazione del laico testimone, dove occorre essere pronti a dare ragione della speranza che è in Voi( come diceva Giovanni Paolo II), ma dove occorre anche dialogare e non arroccarsi su un monte, essere presenti, convinti portatori di una propria identità irrinunciabile, che va vivificata costantemente e verificata se attinente alla realtà in cu si opera; pronti ove occorra a ritornare alla fonte ,come mi apre state facendo oggi, per continuare ad essere gruppi di pressione costanti, vigilando per il rispetto della dignità della persona dal momento del concepimento sino alla morte.

La ricerca di una sana laicità che significa anche ricordando un vecchio detto calcedonese: unità senza confusione e distinzione senza separazione, è sicuramente uno degli obiettivi della operosità laica delle associazioni.

Per ricordare quanto Benedetto XVI ha detto a Verona, occorre allargare la ragione, cioè superare la cultura relativistica che conduce ad un individualismo esasperato e ripiegato su se stesso. La ragione rettamente intesa spalanca il soggetto (nel senso più ampio del termine anche di gruppo) consente la relazione tra gli individui, liberando l’uomo dalla solitudine e dal ripiegamento su sé stesso. Solo il rapporto con l’altro, incontrato sul terreno della comune umanità, della sofferenza, delle domande fondamentali, può consentire l’incontro con un tu che vivifica. La condivisione del bisogno dell’altro, se avviene attraverso l’azione di un’associazione nella quale riconosciamo la nostra identità ,peraltro, oltre ad essere più efficace, si purifica da qualunque tentazione di autoincensazione e di gratificazione personale, per diventare servizio reale .Sopratutto occorre che il dialogo e la comunicazione sia vero e sentito e coinvolga sempre più persone, 12 disposte ad approfondire il solco comune. Come diceva il Prof. Farias persone disposte a perdere tempo, danaro e salute, per fare qualche passo in più nel cammino reale verso il Regno.

Riscoprire il valore della propria identità significa non fare e non farsi sconti, approfondire, come oggi state facendo, il solco comune della vostra storia, senza memoria nostalgica, sia affermando consapevolezze condivise, sia non tacendo elementi di dissenso e di distanza, pronti a rispondere alle urgenze di una terra come la nostra Calabria.

Ogni famiglia è un’ associazione preziosa per le proprie peculiarità,che porta in sé e che esprime. Quale forza vivificante verrà fuori allora da un’associazione di tante famiglie aperte all’accoglienza, al dialogo, disposte a sporcarsi le mani accanto e per gli altri, consapevole di essere servo inutile?

A voi la o le risposte.

* G.LAZZARINI, Anziani e generazioni, Franco Angeli, Miscellanea,

 

VILLAGGIO DEL PINO – MELIA 15.09.2007

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I cinquant’anni della Comunità europea .I traguardi raggiunti e le nuove sfide da affrontare. Gli istituti interessati dal diritto europeo.

Il soggiorno diritto comunitario a GAMBARIE: 23.7.2007

Grazie per questa occasione di confronto e di studio, che come abbiamo sentito da tre anni chiude il corso organizzato dal Centro di ricerca e formazione Monoriti, e di cui molto merito va sicuramente agli organizzatori, primo il direttore e coordinatore didattico Dott. Angelo Ferraro.

E’ la seconda occasione che mi vede coinvolta e quest’anno su un tema ancora più generale rispetto a quello dell’anno passato, sempre in una giornata che solo in parte riguarda gli studi e le discipline di cui mi occupo.

E’ probabile perciò che un più preciso fil rouge di collegamento fra i vari interventi emergerà più facilmente alla fine della mattinata di lavoro, mentre al momento può valere il criterio generale della interdisciplinarietà del diritto, che quale scienza che regola fenomeni della vita umana **** non conosce compartimenti stagno già a livello nazionale, e che nell’Europa a ventisette assume tra i propri obiettivi anche quello dell’ “integrazione”.

Come è noto infatti dal 1.5.2004 dieci nuovi Stati sono entrati a far parte dell’Unione Europea: a Cipro e Malta, dal 1.1. 2007 si sono aggiunti Bulgaria e Romania in regime transitorio, trascorso il quale si applicherà l’acquis comunitario, nella sua interezza anche ai nuovi cittadini europei, per come sin dal febbraio 1963 si leggeva nella causa 26/62 (Van Gend & Loss c. Amministrazione olandese), secondo cui “…la Comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunciato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro i  cittadini”., per poi arrivare nel 2004 ad affermare un’integrazione avanzata che continua e i cui obiettivi come si legge in alcune recenti pronunzie“vanno oltre quelli di un accordo di libero scambio, in cui cioè le attività di vigilanza privata vadano ad essere esercitate nel quadro di rapporto di integrazione e di collaborazione con il sistema di sicurezza pubblica“ (Corte di Giust. CE, sez. V, 29.04.2004, n. 171).

Sono due allora le riflessioni che per flash nel rispetto dei tempi ,voglio proporre in occasione di questa ultima giornata, in cui sono stata invitata a presiedere.

Entrambi gli argomenti hanno ad oggetto il minore all’interno del quadro europeo e del percorso che è stato avviato e solo in parte completato, attorno a questa figura di cucciolo d’uomo (la definizione è diVercellone). Si tratta di due argomenti molto diversi tra loro: la sottrazione e l’allontanamento del minore dalla propria famiglia da un lato e il gioco, letto come diritto allo svago,al riposo, alla serenità, che però possono, a mio parere essere indicativi ,del percorso di attenzione nei confronti del minore, di questi ultimi cinquant’anni e delle nuove sfide che ancora occorre affrontare e tentare di risolvere.

Una premessa di carattere generale emerge immediatamente dallo studio di alcune significative pronunce giurisprudenziali e di linee di dottrina, che coniuga profili processuali e sostanziali insieme. Così: competenza, riconoscimento ed esecuzione di decisioni rappresentano insieme ai tempi di tutela i ricorrenti motivi di giudizio sottoposti al vaglio della Corte europea dei diritti dell’Uomo che tende evidentemente nelle soluzioni, a dare risposte al diritto all’ascolto del minore, alla stabilità del domicilio, alla residenza emotiva ,al diritto di visita dei genitori separati o divorziati.

Enumero soltanto i dati normativi risalenti, che vengono in evidenza la Convenzione dell’Aja del 6 ottobre 1961, in materia di protezione dei minori; La Convenzione del 25 ottobre 1980 in materia di diritto visita e sottrazione( e dunque sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori) ; il riconoscimento e il ristabilimento dell’affidamento dei minori(Lussemburgo 20.5.1980).

Tuttavia a tutt’oggi si nota nel legislatore comunitario (Dottrina AnnA Galizia), una sorta di ambivalenza: è infatti indubbio l’interesse per questa materia: il legislatore sembra finalmente avere acquisito la consapevolezza che anche il diritto di famiglia, non diversamente dai settori degli scambi commerciali (e anzi, prima ancora di essi, per la sua aderenza alle più intime e raccolte sfere della persona) contribuisce al processo di integrazione europea, favorendo non soltanto la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione ma un più elevato grado di osmosi intra moenia e garantendo quindi il buon funzionamento e lo sviluppo del mercato interno.

E’ infatti apparsa con evidenza la rilevanza che può rivestire nella decisione di un cittadino di spostarsi all’interno della Comunità europea, la consapevolezza o meno di vedere garantiti determinati diritti e determinati status acquisiti nel Paese di provenienza. Inoltre, l’incremento della libera circolazione delle persone negli Stati, ha comportato l’aumento dei matrimoni c.d. “internazionali” o “misti”, e conseguentemente l’esigenza di affrontare anche dal punto di vista normativo il tema della crisi della relazione familiare e dei suoi effetti.

Si può perciò osservare che nel contesto europeo l’armonizzazione del diritto di famiglia assume ogni giorno una importanza sempre crescente, Tuttavia a contrario, nel nostro Paese, e in particolare all’interno delle aule giudiziarie italiane, i regolamenti europei 1347/2000 e 2201/2003 hanno ad oggi trovato scarsissima applicazione.

I numeri parlano chiaro: 3 casi giurisprudenziali pubblicati sul regolamento 1347 e poche applicazioni del regolamento 2201del 2003. Eppure il regolamento 1347 /2000 è uno strumento, che secondo gli operatori del diritto consente la circolazione delle sentenze attraverso gli stati membri, prevedendo procedure semplici e rapide per il riconoscimento delle sentenze di separazione e divorzio e di responsabilità parentale, purché connesse a cause matrimoniali. Da parte sua il regolamento 2201 del 2003 ha rappresentato il superamento d discriminazioni ,trovando applicazione nei confronti di figli nati da genitori non sposati, per i quali le sentenze in materia di diritto di visita e di custodia, non potevano circolare se non con procedure lunghe e complesse.

B) Questo dato(la scarsa applicazione) ci consente di fare due brevi osservazioni: che le norme comunitarie e i regolamenti familiari ,sono ancora molto poco familiari agli operatori del diritto: gli avvocati raramente le richiamano e raramente i Giudici le applicano. Assai più frequente è oggi il richiamo alla legge di riforma del sistema di diritto internazionale privato (l. n. 218/95), che è legge interna, di carattere generale (sotto il profilo applicativo) e che è in vigore ormai da dodici anni . Ancora altro rilievo: non può essere trascurato che la formulazione (soprattutto nella traduzione italiana) delle disposizioni contenute nei Regolamenti, non sempre si presenta di immediata e facile comprensione : anche questo dato (che dovrebbe ovviamente essere approfondito in termini di studi sul linguaggio giuridico) può ulteriormente contribuire – quanto meno nel breve periodo- alla loro scarsa applicazione.

C) Infine, è altresì possibile che, trattandosi di norme in materia di diritto di famiglia, gli stessi Stati membri temano che gli interventi comunitari possano intaccare il delicato equilibrio normativo dei sistemi di conflitto nazionali, e così possano “contaminare” i valori nazionali cui ogni ordinamento, ed in particolare le norme che disciplinano le controversie familiari, fa riferimento. Nel campo del diritto di famiglia, si rileva in particolare come i principi etici della famiglia sono considerati, sulla base delle tradizioni giuridiche di alcuni Stati membri, bisognosi di specifica tutela “nazionalistica”.

Tra le pronunce più significative ricordiamo quella della Suprema Corte a sezione unite nro 27188 del 7-20.dicembre, Presidente Carbone – Relatore Graziadei – Pm Iannelli .

Il principio che è stato oggetto di un interessante precisazione da parte della Suprema Corte riguarda la novità introdotta dal Regolamento 2201 del 2003 e cioè il titolo esecutivo europeo in materia di diritto di visita e di ritorno del minore. Per tali materie, a seguito della introduzione del regolamento infatti, non sarebbe necessario ricorrere al procedimento di exequatur. Sulla base cioè di un certificato standard è possibile eseguire una decisione in ogni stato membro, esecuzione che verrà attuata comunque, secondo le regole nazionali dello Stato ad quem.

Nel caso di specie,con trama classica: due soggetti aventi diversa nazionalità (italiana lui-spagnola lei )instaurano una convivenza da cui nasce una figlia e che va in crisi. La madre, affidataria esclusiva della minore, anche se le era stato indicato di risiedere nella penisola sorrentina,individuata come l’area della convivenza ,per favorire evidentemente gli incontri con il padre,abbandona l’Italia, avendo ritenuto tale norma in contrasto con la Costituzione e il Trattato istitutivo dell’UE ,e provvedeva a tornare nel suo paese d’origine a Bilbao. Il padre, non ci sta e contestando la legittimità di tale trasferimento, aveva adito il Tribunale per i minorenni di Napoli, chiedendo l’affidamento della figlia,data l’illiceità del comportamento della moglie.. Dopo alterne vicende in cui i viaggi e i profili emotivi si mescolano a una prima pronunzia di rigetto e a una seconda in C.A di Napoli di accoglimento,conseguito il provvedimento il padre porta con sé la figlia in Italia.La Donna reagisce e chiede al Trib per i minorenni di Napolii l’immediato rientro della figlia, adducendo che il comportamento del suo ex compagno identificasse una arbitraria sottrazione,atteso che il provvedimento doveva ritenersi nullo per carenza di giurisdizione e doveva ritenersi inefficace, in quanto rimasto privo di exequatur da parte della competente autorità spagnola. Il Trib. per i minorenni di Napoli rigetta la domanda di rimpatrio , ritenendo che il provvedimento di modifica dell’affidamento fosse stato correttamente assunto (nei tre mesi dal trasferimento della piccola in Spagna art. 9,Ico 6 reg. 22201/2003;ritenendo peraltro il provvedimento efficace immediatamente in tutti i paesi membri da qui il ricorso epr Cassazione a sez. unite che nell’accogliere il ricorsopresnetato dalla donna mamma ha affermato, che, nella disciplina del regolamento CE n. 22011/2003, la decisione del giudice italiano, la quale modifichi una precedente scelta e sostituisca l’uno all’altro genitore nella qualità di affidatario del figlio minore, non autorizza il nuovo affidatario a prelevare e trasferire il minore stesso dallo Stato membro in cui risieda assieme al precedente affidatario, rendendosi a tal fine necessaria la dichiarazione di esecutività di cui all’articolo 28, ( n.l.e cioè che “sono eseguite in un altro Stato membro dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, purchè siano state notificate”). Le decisioni sull’esercizio della responsabilità genitoriale, cioè se non si sottraggono al principio generale dell’automatico riconoscimento (restando l’eventuale disconoscimento subordinato ad un’iniziativa di parte), non possono solo perché riconosciute, essere poste in esecuzione. Vale a dire non possono costituire titolo per un’attività modificativa della situazione in atto, all’uopo occorrendo, oltre alla previa notificazione, un’apposita declaratoria di esecutività, su istanza dell’interessato.

….

La peculiarità di tale previsione, rispetto a quelle operanti per le altre decisioni (eseguibili, in assenza di diversa disposizione, come conseguenza del riconoscimento automatico), non sorprende **e trova logica giustificazione nella forte incidenza delle pronunce sull’affidamento del minore, quando abbisognino di esecuzione, comportando lo sradicamento del minore stesso dall’ambiente e dall’abitudini di vita in atto. D’altra parte lo vediamo come operatori del diritto già a livello nazionale quanto sia faticoso per il minore, dovere scegliere tra due figure genitoriali, e quanto sia importante l’opera dei mediatori.

Il quadro europeo si complica e si arricchisce, poi perchè accanto a temi consueti quali il diritto di visita, la residenza abituale, la decisione di non ritorno, si aggiungono ai sensi dell’art.8 della Convenzione il diritto al rispetto della vita familiare; il diritto del genitore ad ottenere delle misure proprie per riconciliarsi con il suo bambino e il corrispettivo dovere delle autorità nazionali di prenderle (cfr. Erikson c.Svezia 22.6.1989, Hokkanen c.Finladia 23.9.1994 serie A n.299-A); ancora il rispetto della vita familiare, il non autorizzare il genitore a voler prendere misure nocive per la salute del figlio e lo sviluppo del bambino (sent. Johansen c. Norvegia 7.8.1996 Recueil 1996-III,§78). Infine la salute del minore include anche l’equilibrio psichico e il diritto alla tranquillità personale e familiare.

I temi della ricerca sostanziali e processuali impegnano giurisprudenza e dottrina in un costante dibattito. Alcuni esempi: Ricorda la Corte Europea ( pronuncia nro….) Per un genitore e suo figlio stare insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare e le misure che lo impediscono, costituiscono una ingerenza nei diritti sanciti dall’art. 8. La giurisprudenza europea ha tenuto presente questo principio ed ha avuto modo più volte di ribadire come i fatti di causa possono costituire una ingerenza nel diritto della parte, al rispetto della sua vita familiare sancito all’art8. della Convenzione e pertanto andranno assunti e valutati dice la Corte con ragionevolezza.

Dal punto di vista sostanziale il diritto di visita , descritto nella Convenzione è il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo. Così viene meno il reato di sottrazione, ove il figlio sia con il genitore affidatario Ne consegue secondo quanto si ricava dalle rare pronunce sul punto che l’affidamento è il diritto concernente la cura della persona del minore(art5) ed in particolare il diritto di decidere riguardo al suo luogo di residenza. Quindi quando è il genitore affidatario a sottrarre il minore all’altro genitore, quest’ultimo non può domandare il rientro immediato del figlio, stante la liceità del trasferimento in conseguenza di una decisione sulla scelta della residenza, che spetta al genitore affidatario. Egli può invece sollecitare l’Autorità Centrale, (art21) della Convenzione a compiere tutti i passi necessari ad eliminare ogni ostacolo che impediscano l’esercizio del suo diritto.Lo si legge in una sentenza del Trib. per i minorenni di Abruzzo l’Aquila-27 maggio 2005, che si è occupata di ….

Dunque la legittimazione a chiedere il rientro del figlio deve ricavarsi da un accertamento che ha riguardo alla titolarità del diritto di decidere sul luogo di residenza del figlio. Tuttavia l’altro principio che si interseca e che in questi anni si è rafforzato nel tentativo di porre un argine alla sottrazione è rappresentato dal fine ultimo ben espresso dalla Corte europea, secondo cui l’esecuzione deve avere come scopo ultimo sempre la riunione del genitore naturale con il minore.Pertanto occorre trovare un giusto equilibrio fra l’interesse del minore a restare in affidamento e quello del genitore a vivere con lui. Così se è vero che -come la Corte europea ha segnalato (da ultimo 29.9.2005 n10504) – ribadendo un principio generale l’interesse del minore viene prima dell’interesse dell’adulto, è fondamentale tuttavia come le misure che vengono adottate, per garantire la bigenitorialità, siano ragionevoli. E qui oltre alla nostra legge ultima la 54 del 2006 a livello nazionale, ricordo come anche la Convenzione di New York del 1989 nell’ottica della bigenitorialità ,sancisce il diritto del minore a mantenere rapporti personali e contatti regolari con entrambi i genitori , nonostante gli stessi siano residenti in stati diversi.(artt10-11 Cov) ribadito e applicato nella sentenza del Trib per i minorenni dell’Abruzzo, l’Aquila 27 maggio 2005 già ricordata.

Tuttavia proprio nel passaggio dalla previsione sostanziale alla tutela processuale, ci si accorge di come non si realizzi una effettiva tutela del minore in caso di sottrazione o allontanamento dei figli minori: i dati a disposizione sono infatti assolutamente negativi. L’Italia mantiene il 9 primato negativo sui casi di mala giustizia, che scaturiscono anche in tema di minori, per sentenze dei tribunali non applicate o male applicate. (Un dato generale: le sentenze UE mai applicate in Italia , sono circa 2.424, un numero elevato che ha comportato un forte richiamo da parte della Corte di Strasburgo.La Risoluzione 7-00941 Pozza Tasca indica in 170 i casi di bambini attualmente contesi tra coppie di nazionalità, religione ed etnie diverse, spesso vittime di sequestri da parte del padre e della madre ; e segnala la necessità di una task force interministeriale che possa intervenire a tutela dei minori contesi).

I principali quesiti allo stato irrisolti rimangono :

A) L’assenza di controllo giudiziario sulle limitazioni alle visite, laddove la determinazione del limite sia rimessa all’autorità amministrativa e in particolare ai servizi sociali. Interessante sul punto è una pronunzia della Corte Europea del 13.7.2000 che ha segnalato come i servizi sociali devono informare i genitori sui criteri di affidamento scelti per i figli. In una precedente pronuncia (Scozzari e.Giunta c.Italia 13.6.2000 ) si riconosceva un obbligo di informazione nei riguardi dei genitori da parte dei servizi,segnalando come l’assenza di informazione non è compatibile con i doveri di equità ed informazione che incombono allo stato quando adotta misure di ingerenza gravi, in una sfera così delicata e sensibile come quella della vita familiare.

B) Principio per il quale i procedimenti dei minori devono essere trattati con speciale rapidità. E’ intuibile la ratio di tale raccomandazione: la durata ragionevole del processo investe ,soprattutto con riferimento ai minori, la lesione di diritti fondamentali, tutelati dalla Convenzione. E in effetti l’analisi dell’art. 13 segnala l’assenza di vie di ricorso interno contro i provvedimenti di allontanamento di un minore dalla famiglia: provvedimenti spesso accompagnati da forti limitazioni agli incontri, se non da una vera e propria soppressione del diritto di visita, che finirebbe con il costituire una violazione del già ricordato art. 8 e cioè il rispetto della vita familiare. Le garanzie poste dall’art 13 della Convenzione si rivelano inefficaci ,ove si pensi che manca nel nostro ordinamento la possibilità di impugnare i provvedimenti di affidamento, quando sono provvisori. Con ciò creando l’effetto paradossale di provvedimenti temporanei, che si trasformano de facto in provvedimenti permanenti.(ricordiamo tra gli altri E.P. c.Italia 16.11.1999 ). Non si deve cioè dimenticare che anche il nuovo regolamento ha previsto la attribuzione di compiti, volti a facilitare la cooperazione giudiziaria alle autorità centrali, così come previsto in molti strumenti internazionali. A tali organismi viene sempre più spesso affidato il compito di scambiarsi informazioni, di promuovere iniziative di vigilare sulla attuazione degli strumenti internazionali proporre miglioramenti. (In Italia presso il Dipartimento per la Giustizia Minorile, è stata designata una Autorità Centrale). Al fine di raggiungere (come si legge in Keegan c.Irlanda 26.5.1994)… per un genitore e il suo bambino, stare insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare anche quando il rapporto tra i genitori si è spezzato.

Questa sentenza può allora rappresentare il punto di passaggio al secondo spunto che volevo proporvi Il diritto al gioco del minore. I dati normativi europei a nostra disposizione non sono molti, ma significativa è l’applicazione che se ne è fatta nella normativa nazionale ed il percorso che in questi anni l’Europa ha tracciato.Ho scoperto tante cose interessanti nel tornare un po’ bambina.

Difficoltà e polemiche hanno accompagnato precedenti direttive la penultima delle quali, la n.70/50/CEE che introduceva l‘eurogiocattolo (Galvano, è nato l’eurogiocattolo in la Stampa 5.5.1986) è stata ispiratrice della legge italiana del 18.2.1983 n. 46. L’anno di emanazione è corrispondente a quello che in Italia porterà a una significativa modifica sulla realtà esistenziale dei minori, cioè la legge sull’adozione, e dunque va inquadrata a livello nazionale all’inizio di un percorso di modifica ed attenzione al minore che non può certo dirsi concluso, ma che ha registrato specie con il Fondo per la Infanzia ,la c.d. legge Turco n. 285 del 1997, una reale crescita , sino alla legge 54 del 2006 che ha dato ingresso all’ascolto del minore.

Sempre nel 1983 nasce l’Istituto italiano sicurezza giocattoli di Milano( il 28.3.1983);numerosi sono i decreti del Ministero dell’Industria che ha utilizzato i poteri di ritiro e sequestro avvalendosi delle segnalazioni del Ministero dei trasporti, in tema di pericolosità e dunque di difficoltà di commercializzazione ( per tutti ricordiamo il decr. 5.11.1985, sulla pericolosità della navigazione dei palloni giocattolo tipo UFO-Solar; ancora il decr. 22.12.1986 sequestro dei giocattoli tipo New Grobots , da cui risultava che il materiale da cui sono costituiti se ingerito, non spappolabile, né digeribile, ma aumenta di dimensioni volumetriche al punto da precludere la possibilità di eliminazione dal corpo umano e non perde tali caratteristiche nel tempo; infine la ben nota ordinanza del 25.7.1985 che ha vietato l’importazione ,produzione e distribuzione delle cartucce magiche, cioè di capsule di gelatine contenenti compresse all’interno, figure di animali, in materiale plastico spugnoso, cui si sono aggiunti via via l’apposizione all’esterno di indicazioni quali prodotto da non destinarsi ai bambini: per lo Zig paint (pennarello); il divieto di commercializzazione per il contatore magico d’amore , ecc.ecc.). La direttiva 88/378 CEE, è stata emanata il 3.5.1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, concernente la sicurezza dei giocattoli. Direttive di questo genere a differenza dei regolamenti, sono vincolanti per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali n merito alla forma ed ai mezzi (art189 Trattato CEE). In materia di requisiti dei giocattoli il Comitato europeo di normalizzazione (CEN)e il Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC) sono stati riconosciuti come organismi competenti dal punto di vista tecnico , per l’adozione di norme armonizzate, recepite anche a livello di ordinamenti nazionali. In maniera peculiare dunque la direttiva ha previsto l’inserimento della marcatura CE per la sicurezza dei giocattoli, legando così il tema del giocattolo alla sicurezza del piccolo consumatore, in una logica di mercato. Come a volte accade cioè il primo momento di tutela risponde a una logica economica, di mercato ed è poi attorno a questo che si sviluppa una tutela effettiva e composita del fenomeno. Nel caso di specie cioè il giocattolo rappresenta per il minore da sempre un legame con la realtà attraverso la fantasia; il segno dello svago e del riposo .Attraverso il giocattolo e il gioco il minore sviluppa una serie di capacità cognitive, manuali, intellettive che vanno al di là dell’oggetto prodotto. Attraverso il gioco impara la relazione con gli altri, e in alcuni casi rende partecipe gli altri di un proprio disagio, o della sua serenità.

La direttiva contiene una definizione del giocattolo, indicato come qualsiasi prodotto concepito o manifestamente destinato ad essere utilizzato a fini di gioco da bambini di età inferiore ai 14 anni . Si specifica che deve essere una nozione sufficiente ampia considerata la estensione, la mobilità del mercato dei giocattoli, nonché il carattere multiforme di questi prodotti . La direttiva contiene poi un’elencazione di ciò che non è giocattolo, legando queste indicazioni alla sorveglianza e alle condizioni di utilizzazione particolari, e indica nell’alligato uno ben 21 non giocattoli (cito per tutti, i modelli ridotti che costituiscono oggetto di collezione per adulti, le armi ad aria compressa e tutte le imitazioni fedeli di armi da fuoco reali; i forni elettrici,i videogiochi collegabili ad apparecchi televisivi, i succhiotti di puericultura, la bigiotteria destinata ad essere portata dai bambini.

Uno dei punti qualificanti della direttiva CE è l’istituzione del marchio CE, (o certificazione pertinente), graficamente indicato appunto come sapete, con C e una e speciale, entrambe racchiuse da virgolette orizzontali, rilasciato a richiesta del fabbricate, da parte di organismi o laboratori appositi indicati negli artt. 7 e 9, contenente dati che devono essere apposti, in maniera visibile, chiara e leggibile sull’imballaggio. Tra gli alligati vengono indicati i requisiti essenziali che i giocattoli devono avere e i rischi definiti particolari, ad es. i giocattoli destinati ad essere usati in acque poco profonde devono essere concepiti in modo da sostenere il bambino sull’acqua, si legge tenuto conto dell’uso raccomandato il rischio che vengano meno la galleggiabilità del giocattolo e il sostegno dato al bambino. Si parla delle parti staccabili dei giocattoli, degli spigoli,sporgenze cavi da realizzare in modo da evitare rischi di ferite in occasione di contatto, della non infiammabilità della reazione chimica delle istruzioni riguardanti il funzionamento. Successivamente la direttiva è stata recepita in Italia con DL. 27.9.1991 nro 313 e riprende sostanzialmente le indicazioni espresse con la sottolineatura legata alla salute e alla sicurezza, si leggein considerazione del comportamento abituale dei bambini. Ci si chiede legittimamente in cosa consista l’abitualità di un comportamento attribuito a un bambino che gioca e dunque è imprevedibile, perchè spontaneo,subitaneo e fantasioso.

Il Decreto del 20.10.2004 titolato Recepimento delle norme armonizzate direttiva 88/378 concernente la sicurezza giocattoli ha da ultimo aggiornato l’elenco dei riferimenti delle norme nazionali ,con riferimento particolare alla sicurezza per i giochi chimici,esclusi i set sperimentali per la chimica. Questo il quadro normativo italiano ad oggi e che naturalmente subisce una serie di integrazioni ad es. con il piano sanitario nazionale 2006-2008 quanto alla salute secondo il quale occorre implementare gli interventi volti a garantire che i prodotti destinati all’infanzia ed ai giocattoli non contengano prodotti tossici e non rappresentino un pericolo per la salute dei bambini. Contemporaneamente però al recepimento in Italia della direttiva, ed anche in seguito si assiste ad una produzione di numerose decisioni della Commissione delle Comunità Europee ( tra le più interessanti ricordiamo la nro 84 del 14.12.2005; la n. 579 del 30.7.2001; i nnri 184 e 224 del luglio 2007). Ciò che appare interessante, visto che il tempo non ci consente di leggere ed esaminare le singole fattispecie è notare come la Commissione europea in ognuna delle su ricordate pronunzie è sollecitata dai dati della legislazione di altri Stati che assumono pareri discordanti partendo da basi statistiche o denunciando episodi lesivi della sicurezza dei minori, proponendo aggiunte e miglioramenti alla direttiva 1988 nro 378. Per es. a seguito di numerosi incidenti, segnalati alla Commissione per minori, relativi a giocattoli muniti di ventosa come area di impatto per evitare asfissia e soffocamento(un caso in Svezia, otto negli Stati Uniti, due in Spagna) la commissione delle CEE ha adottato una decisione di cui sono destinatari tutti gli stati membri, che consente modifica di requisiti tecnici .In altra ipotesi(n184 /2007), la decisione della Commissione riguardava i giocattoli emisferici a forma di tazza, ciotola o di mezzo uovo, aventi un’apertura più o meno sferica ovale o ellittica ( in particolare si faceva riferimento alle tazzine giocattolo da te.).A nri 10 e 11 della decisione n184 la Commissione da conto della obiezione formale, che i paesi francesi hanno mosso in relazione ai requisiti relativi ai giocattoli emisferici e in particolare a quelli usati per bere.. Si segnalava infatti chel’obiettivo dei requisiti tecnici di cuia lla norma armonizzata sui giocattoli, emisferici è quella di affrontare determinati rischi di soffocamento, presentati da certe forme di giocattoli, che possono essere usati posti saul anso o sulla bocca, producendo in un babino l’effetto di una ventosa che non lascia passare l’aria. Tra questi prodotti vi sono i giocattoli di solito usati per bere: con la massima probabilità saranno usati dai bambini, portandoli alla bocca e fingendo di bere. Pertanto occorreva una modifica di cui alla norma armonizzata EN71 1-2005. La decisione finale della Commissione ha segnalato come i giocattoli in forma di tazza, ciotola o n forma di messo uovo aventi una apertura ovale o ellittica, destinati ad esser usati per bere, esulano dal campo di applicazione però possono presentare lo stesso rischio di soffocamento ,pertanto si è ritenuto che non siano coperti dalla norma e devono essere corredati da un certificato del tipo CE.

In sintesi la direttiva 1988/378 è rimasta un punto fermo,nel quadro europeo: manca però una qualsiasi regolamentazione sull’immissione nel mercato nazionale di giocattoli dell’orrore (horror toys o junk toys) di provenienza in genere statunitense, che sputano sangue ,consentono di estrarre dal corpo di un extraterrestre le varie componenti, che riproducono cani da combattimento che azzannano i compagni di gioco ed altri di questo tipo. Attenzione particolare andrebbe poi rivolta alla robotizzazione televisiva interattiva che consente a ragazzi di partecipare ad azioni di guerra,rappresentate sullo schermo di casa, altri costituiti da pistole i cui impulsi raggiungono per distruggerle immagini televisive ecc. Tutto questo porta a dire che i pubblici poteri comunitari sembrano essere molto preoccupati della sicurezza fisica e assai poco di quella psichica dei ragazzi. E naturalmente in questo quadro europeo tralascio per ovvi motivi (anche di tempo), tutta la tematica su internet e sull’assenza di tutela effettiva. Oggi come è noto, sta emergendo un codice di autoregolamentazione e co-regolamentazione, in cui l’industria si impegna a darsi delle regole e a rispettarle e un organismo di controllo pubblico vigila sul rispetto delle regole stesse in una sorta di autoregolamentazione regolata .L’introduzione del marchio di Internet @minori che testimonia l’adesione al codice del soggetto che svolge attività imprenditoriale su Internet, ne attesta la conformità dei suoi comportamenti. E ancora sul diritto allo svago potremmo soffermarci sul disegno, come modalità di espressione, tecnica terapeutica,occasione comunicativa, possibilità di avvicinarsi al bambino per conoscere le sue paure ,i suoi desideri, ma anche mezzo di libera espressione per lo stesso, che consente la proiezione del suo mondo interiore, delle sue attrazioni del suo modo di percepire il mondo. Il disegno è un’attività che sorge in modo spontaneo all’inizio sotto forma di scarabocchi per evolvere fino a disegni più complicati ed elaborati.

Se a questo punto volessimo tentare di delineare una conclusione si evidenzia immediatamente come la figura del minore come soggetto giuridico, protagonista e partecipe è un’acquisizione recente, di fronte alla quale l’Europa ha mosso alcuni passi in avanti, ancora insufficienti, ma stabilendo alcuni punti fermi .Uno di questi è la bigenitorialità intesa come il diritto del minore a mantenere rapporti personali e regolari con entrambi i genitori,nel rispetto di una vita privata in cui spazio ampio e tutela effettiva devono trovare il diritto allo svago, al riposo, che si legano e si intrecciano,come alcune decisioni che abbiamo ricordato segnalavano alla sicurezza, e alla salute del minore, al suo benessere fisico e psichico. In questo senso è chiaro il cammino è ancora all’inizio, ma un valido aiuto può venire dalle decisioni, che appaiono dotate della efficacia necessaria per raggiungere i suoi destinatari. La Corte di giustizia ha segnalato a più riprese come il carattere obbligatorio sancito dall’art 249 si impone a tutti gli organi dello Stato e che le giurisdizioni nazionali devono astenersi dall’applicare ogni disposizione interna, la cui attuazione ostacolerebbe l’esecuzione di una decisione comunitaria. Dunque dal contemperamento degli interessi a livello più ampio è possibile , come per le direttive che le disposizioni abbiano efficacia immediata nei rapporti tra gli Stati membri e i singoli, in quanto producono nei confronti dei singoli, diritti che i giudici nazionali, hanno il dovere di tutelare quando queste disposizioni impongono agli Stati membri un obbligo assoluto e sufficientemente chiaro e preciso .Direi nei casi che abbiamo esaminato,le decisioni ci sono e sono sufficientemente chiare e precise ,il limite che è anche però la vera ricchezza è i soggetto minore, quel bambino che è tutto un desiderio di fare e non finisce mai di stupirsi e di stupire l’adulto un po’ assonnato. 

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