Volontariato 2010

Buonasera agli intervenuti e Grazie per questo invito.

Grazie a Rosa infaticabile amica alla quale non si può dire di no,con cui condividiamo un cammino ormai di tanti anni nella comunità di vita cristiana. Mi sono chiesta come poteva iniziare il nostro incontro, cosa avrei potuto dire io a Voi, persone che siete già impegnati o intendete lavorare con il cuore e con le braccia al servizio degli altri, in un luogo di sofferenza.

E vi confesso che ho avuto difficoltà.

Il termine volontario è abusato, vituperato, a volte volutamente usato con dispregio e ironia. Quante volte mi è capitato usandolo, di vedere spuntare sul volto del mio interlocutore un sorrisetto,accompagnato da un’ alzata di spalle, o addirittura avere ascoltato espressioni incredule ..ma, sarà,…che terminano tutte con un interrogativo…ma perché ci credi ancora?

Mi è sembrato allora opportuno provare a fare memoria per ricordarci come è nato questo mondo del volontariato, che qualcuno ha recentemente definito un giacimento di valori, un capitale sociale.( M. NASONE,Il trentennale del MOVI, CSV ,2009 n.2).

Si comincia a parlare intorno agli anni ’70 di persona a vocazione sociale (l’allora Senatore Nicola Lipari) porta in parlamento alcune proposte di legge, relative a un fenomeno in emersione e veloce crescita, rilevando da subito come il volontario venga ricercato e valorizzato nel momento del bisogno,per poi essere messo da parte (l’espressione adoperata è “messo in un angolo”), nel momento in cui vuole far sentire la propria voce : nel giro di pochi anni il fenomeno cresce,nasce una legislazione regionale in tutta Italia, che parendo a un’attenta lettura dei bisogni, individua alcune linee di regolamentazione.

Siamo nell’arco di tempo che va dal 1971 al 1991.

Manca ancora una legislazione quadro e il fenomeno assume una consistenza sociale,troviamo spesso l’espressione:”…il volontario viene assunto come fenomeno fattuale esistente; è un fatto tipicamente metagiuridico, ma non da riconoscere..”.

La legge 266 del 1991 rappresenta perciò il primo riconoscimento giuridico di un fenomeno ormai rilevante socialmente (pensiamo che vi erano oltre 75 leggi regionali), al punto da non potere più essere ignorato dal legislatore. Come sappiamo questo negli ultimi anni avviene sempre più spesso con provvedimenti che attengono alla dimensione della persona (pensate all’amministratore di sostegno, alla legge sulla bigenitorialità,alla residenza emotiva del minore).

Il volontariato subisce una prima evoluzione interna: si passa da una fase di opposizione a una fase di progettualità, in cui le organizzazioni di volontariato svolgono attività di rilievo autonome e di programmazione.

Trent’anni fa il cercatore di arcobaleni, così è stato definito recentemente il Prof. Tavazza, leggendo la realtà dei bisogni, ricavava una definizione di volontario che rimane una pietra miliare nell’universo del mondo non profit.

Volontario è un cittadino che liberamente, non in esecuzione di specifici obblighi morali o giuridici, ispira la sua vita nel pubblico e nel privato a fini di solidarietà. Adempiuti cioè i suoi doveri di stato (famiglia, professioni ecc.) e quelli civili (vita amministrativa, politica sindacale) pone sé stesso a gratuita dispostone della comunità. Egli impegna le sue capacità, i suoi mezzi, il suo tempo in risposta creativa ad ogni tipo di bisogni emergenti prioritariamente dai cittadini del suo tempo. Ciò attraverso un impegno continuativo di preparazione di servizio e di intervento a livello individuale o preferibilmente di gruppo, evitando ogni inutile parallelismo con l’attività di Stato. ( Tavazza, Dizionario di sociologia). E’ riassunto un programma di vita ,che nulla toglie alla creatività del volontario,persona,che come sapete può divenire anche donatore di tempo(Card-Martini),o apostolo (..”gratuitamente avete ricevuto,gratuitamente date…)..

Il manifesto dei volontari del 1976, di cui ci scrive Wilson riassumeva così i valori che ispirano questo tipo di risorsa:-ho bisogno di un senso di appartenenza. Di  sentirmi desiderato internamente,non soltanto per le mie mani, né perché sono bravo a prendere ordini; ho bisogno di condividere la programmazione dei nostri obiettivi; ho bisogno di sentire che i risultati e gli obiettivi raggiunti abbiano un senso per me; ho bisogno di sentire che ciò che faccio ha degli scopi reali oppure contribuisce al benessere umano; ho bisogno di condividere la predisposizione delle regole con le quali noi vivremo e lavoreremo per raggiungere i nostri risultati; ho bisogno di conoscere in dettaglio che cosa ci si aspetta da me;ho bisogno di avere delle responsabilità che abbiano un senso di sfida; ho bisogno di vedere i progressi compiuti verso i risultati che abbiamo determinato; ho bisogno di essere tenuto informato;ho bisogno di avere fiducia nei responsabili.

Questi che vi ho appena elencati e che Previtali, ricercatore di organizzazione aziendale dell’Univ. Di Pisa, definisce le motivazioni della risorsa del volontario, mi sono apparsi molto tristi,appunti economici, quando li ho letti e solo in minima parte riconducibili alle motivazioni che ci hanno(mi )hanno fatto crescere dal 1991 ad oggi .

E tuttavia se ci fermiamo a riflettere, se ognuno di noi pensa alla propria spinta motivazionale iniziale ,saremo probabilmente tutti d’accordo, nell’evidenziare che in ognuno di noi c’è un bisogno insoddisfatto ,che ci spinge fuori a ricercare una soddisfazione a qualcosa che manca,in totale spirito di libertà o di indipendenza .

Dunque la prima molla è il bisogno, che però si esaurisce ben presto, perché con queste premesse,che abbiamo appena letto, in genere diviene insoddisfazione e porta ad abbandonare ciò che abbiamo appena iniziato, traducendosi in tradimento per chi ha iniziato a credere in noi. Alla fine cioè potrà essere un doppio fallimento:non ho soddisfatto il mio bisogno; e cosa ben più grave :chi ha creduto in me è portato a pensare che anche questa è l’ennesima fregatura.

Quante volte sapete parlandone con i giovani,che sono molto più schietti e diretti rispetto a noi, ci resta dentro un senso di incapacità e di malinconia,per non essere stati capaci di trasmettere e di testimoniare la bellezza di un mondo diverso, appunto per non avere saputo disegnare un arcobaleno.

. . .

Possiamo allora provare a ripensare e così passiamo alla seconda parte del mio intervento alle motivazioni alla partecipazione e al rimanere nell’attività di volontariato e proviamo a farlo tenendo presente dei nuovi scenari in cui oggi si muove il fenomeno volontariato.

Anche in questo caso ci aiuta la memoria normativa. 

La legge 266/91 che ha tra i suoi caratteri la gratuità, il servizio e la professionalità, è stata quasi subito sottoposta al vaglio di costituzionalità. La Corte costituzionale cioè è stata chiamata pronunziarsi sulla legittimità di alcuni articoli e riconfermando il valore dei principi di solidarietà,assistenza e partecipazione ha dato il pieno crisma alla 266.

Contemporaneamente ricorderete si assiste a una enorme estensione del fenomeno allo sviluppo e al collegamento con nuove realtà, sino al decreto di riordino (ONLUS). Così ha fatto seguito la L.8.11.1991 n. 381 sulle cooperative sociali, le quali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale ei cittadini (art1, co.I) e possono avvalersi a tal fine,della presenza dei soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente (art 2, co. 2).

Il DLgs 4.12.1997 n.460 contenente il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle ONLUS il quale all’art 10 co.8 prevede la qualificazione in qualità di ONLUS delle organizzazioni di volontariato Ancora la recente legge 7.12.2000 n. 383 che ha disciplinato le associazioni di promozione sociale le quali, costituite la fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi senza finalità di lucro(art 2 co,1 ), si avvalgono prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati, per il perseguimento di fini costituzionali (art18 ,co.I).

  1. Il riflesso sociale è stata la nascita del terzo settore,indicato dai sociologi come entità sociali differenti (N.L.quali le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni parasociali, le associazioni familiare, le fondazioni parasociali), entità nelle quali vengono attivati meccanismi stabili di solidarietà fondati sulla reciprocità che si estendono ad ambiti più ampi del sterzo settore, pur prendendo spazio in esso. E’ una concezione attiva della solidarietà intesa come elemento che responsabilizza i soggetti e li mobilita quelli almeno alla base del terzo settore.
  2. Il terzo settore nelle sue diverse articolazioni organizzative produce un bene comune particolare che è il bene relazionale intendendosi con tale espressione qualsiasi bene o servizio che per essere prodotto e fruito richiede la collaborazione tra chi offre e chi lo riceva.
  3. Il terzo settore si caratterizza spesso per la assenza di fini di lucro identificata con l’espressione non profit attribuita alle organizzazioni che vi fanno parte. Tale espressone viene altresì riferita alla società svolta da soggetti i di terzo settore, mentre il fine è costituito dalla pubblica utilità.

La sintesi che possiamo trarre è: il fenomeno volontariato è dinamico, difficilmente governabile con definizioni che lo bloccano o tentano di delimitarne gli ambiti.

Gli scenari in cui oggi il fenomeno si colloca, le sfide che deve affrontare si chiamano crisi economica, precarietà dei diritti, emergenza educativa, criminalità padrona,immigrazione.

Sono sfide impegnative che richiedono risposte grandi, in cui è importante il recupero dello spirito originario ,il rilancio del volontariato gratuito( che è e rimane assenza di profitto, di lucro), servizi leggeri. Advocay radicamento sociale,:lavorare in piccolo e pensare in grande.

E’ ripensare a una dimensione politica e non riparativa,in cu il volontariato non sia supplente di carenze statali,ma recuperi la forza del libero parlare.

Due sottolineature mi appaiono importanti: una riguarda le dimensioni della Gratuità, del servizio,della professionalità che sono i caratteri fondamentali che un volontario deve avere. Queste tre dimensioni sono tra loro concatenate e inscindibili, nel senso che la gratuità senza il servizio è ambigua, ma il servizio senza la professionalità è pensare di fare un’opera buona e caritatevole, che però non serve a nessuno. Il mondo oggi più che mai ha bisogno di queste dimensioni di cura, ascolto, dono senza orologio,con passione e caparbietà,di fronte ai nuovi deboli e agli esclusi. Ha bisogno anche di riacquistare la voglia del libero parlare ,che da solo è espressione di credibilità.

Non sappiamo se vedremo i frutti del nuovo seminato, ma è certo che non possiamo restare a guardare i campi bruciare o produrre pizzo e usura, senza manifestare il nostro dissenso, senza accompagnare chi vuole uscirne nel modo migliore, magari caricandosi di un bene confiscato da ristrutturare, di una cooperativa da mandare avanti, di un progetto da cofinanziare. Si richiede consapevolezza, autonomia e passione: il percorso è accidentato,in salita, faticoso nel quotidiano,costellato di fallimenti, ma serve l’uomo, con le sue contraddizioni,le sue ansie, la sua voglia di emergere o di perdersi come lievito nella massa.

L’altra sottolineatura emerge da alcuni dati FIVOL importanti come riflesso sociale:

  • Le organizzazioni di volontariato si rivelano nel tempo realtà più visibili e affidabili in quanto operano con continuità (92 su 100) per lo più con un orario di apertura settimanale e sono maggiormente strutturate adeguate alla propria funzione sociale.
  • Si è registrata un’esigenza di publicizzazione da parte delle organizzazioni di volontariato: su 100, il 75 risulta iscritto ai registri del volontariato istituti a livello regionale, mentre cresce a livello regionale il rapporto di convenzionamento con il pubblico per la gestione di specifici interventi o servizi.
  • E’ crescente un rapporto di integrazione( convenzionamento + collaborazione).
  • Non è invece frequente e intenso il rapporto con i centri di servizio per il volontariato: nelle Regioni in cui sono funzionanti tali csv solo un terzo delle odv ha avuto un rapporto significativo in termini di fruizione e partecipazione ad eventi e iniziative.

Torna allora la motivazione a rimanere che va sempre cercata fuori di noi e mai dentro noi.

L’art.3 della Carta dei valori del volontariato così recita:…. . . .

La opportunità che la nostra terra offre sono molteplici e continue. Una di queste è la nascita e il moltiplicarsi dei CSV. Così è possibile mettere in rete uomini e donne di buona volontà,competenze e voglia di fare; sorrisi pensieri ed azioni nella unità di intenti ,nella fantasia della diversità, nell’accoglienza dello straniero, nell’inclusione del diversamente abile. Il papa Benedetto XVI in occasione della giornata dei volontari del servizio civile ha detto:..la vita è amore e chi dona la vita dona amore …

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