Grazie per il cortese e inaspettato invito, nato tra pendolari ,agli aliscafi mentre mi recavo all’Università, dunque vicino al mare, mentre oggi ci troviamo in questa incantevole \cornice montana. Invito gradito perché mi ha costretto (si fa per dire) a riflettere su argomenti che occupano una parte importante della mia vita individuale, di famiglia e di membro di comunità Cvx. Ma direi grazie perché mi consente di conoscere una realtà quella dell’AFI di cui avevo solo sentito parlare, ma che oggi incontro nella sua concretezza.
Devo anche dire ad onore del vero, che il tema che trovate scritto nella locandina mi è stato garbatamente direi, imposto da chi mi ha invitato, esattamente nei termini in cui lo vedete scritto. E dico questo perché, come avete sentito sono un operatore del diritto e dunque la mia familiarità con questi temi ha un approccio necessariamente diverso. Ho pensato perciò di utilizzare la chiave di metodo generale, partendo da un approccio generale al tema di studio. Così da un livello di generalità sulla laicità, passerò poi allo specifico della laicità nell’azione di un’ associazione familiare , cioè cosa significa operare da laici ,per trarre infine alcune linee conclusive, possibilmente utili per il vostro lavoro di approfondimento del pomeriggio nei gruppi di lavoro.
Il tutto incontra la difficoltà di contenerlo in tempi brevi,ma spero sufficienti, per come mi è stato richiesto e ai quali mi atterrò.
Una premessa è d’obbligo e la prendo dal titolo della giornata, partendo appunto dalla società liquida, termine, come ci spiegate attribuito al sociologo polacco Zimunt, al quale io assocerei parlando della famiglia, la famiglia fantasma, espressione e titolo di un libretto a firma Gian Mario Felicetti, o le famiglie (espressione cara ai giuristi messinesi Scalise) ,o ancora la famiglia arcipelago (attribuita alla scuola pisana 2 Busnelli). Dove i termini indicano da un lato la perdita di visibilità della cellula vitale della società, dall’altra la frantumazione e i tentativi di manipolazione dell’intreccio delle relazioni originarie/acquisite (famiglia allargata, famiglia ricomposta (stup family) da intrecciati divorzi, famigliastra); o ancora di famiglie che si ritagliano spazi fuori disegno, slacciandosi dalle regole di legge (convivenze more uxorio, famiglie “di fatto”); o infine sfondano il confine concettuale primario (coppie “familiari” omosessuali).
Queste ed altre definizioni e ancora di più i tentativi di legiferare su queste realtà rivelano una reale crisi della istituzione familiare, con cui giornalmente ci confrontiamo e alla quale non è facile, anche se non impossibile porvi rimedio.
Lasciamo però al momento questa premessa, che aggiunge ulteriore complessità alla nostra indagine e soffermiamoci sul termine laico o laicità per provare a sgomberare il campo da alcuni equivoci:
Anche questo termine infatti è divenuto polisenso e nel tempo ha assunto anche una eccessiva genericità, per cui da parte di molti studiosi autorevoli viene la sollecitazione all’abbandono, cioè a non utilizzare le varie accezioni, per evitare di procedere ad analisi inutili ai fini della comprensione corretta, e di un dibattito che possa essere costruttivo(Dalla Torre).
In altre parole il lessico diviene importante per evitare di confondere ciò che è veramente laico, da posizioni che hanno una portata ideologica e dunque non sono realmente laiche, se non perché si autoqualificano così.
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Alcune coordinate precise possono aiutarci a procedere nel senso della chiarezza:
a) così la consapevolezza che laico e laicità sono termini di origine cristiana e che possono essere intesi solamente all’interno di una cultura le cui radici affondano nella tradizione giudaica-cristiano. La secolarizzazione del termine laico (sia in senso positivo che negativo), è un processo che avviene all’interno della società di tradizione cristiana, sia pure con una portata universale;
b) (altra linea) occorre contestualizzare i termini con l’esperienza storica,sociale e culturale ( e qui basta ricordare che la democrazia nord-americana disconosce i termini laici e laicità e conosce secolarismo e secolarità;
c) infine evitare di ridurre la indagine alla sola prospettiva politico- giuridico, ed allargarla alla interdisciplinarità, che sola può consentire di raggiungere una mappatura adeguata e pertinente alla realtà.
Come è a tutti noto il termine laòs nella radice semantica significa (popolo, folla moltitudine), che diviene presso gli antichi romani un popolo costituito da cittadini, (con diversità di usi, costumi, stirpe che converge in una moenia e diviene concorde intorno ad un unico patto (Cicerone). Nella prospettiva dell’Antico Testamento il popolo diviene quello di Jhawè, popolo di Dio o popolo Santo. Infine nei nuovi Vangeli il nuovo popolo, quello cui allude Paolo alla metà del I sec.d.C. è l’essere e della Chiesa come costituita da un capo (Cristo e da un Corpo, appunto il popolo). Non posso andare oltre, ma è sicuramente coinvolgente rileggere le fonti della nostra storia alla ricerca delle origini di un termine come laòs, che ha in sé una ricchezza così profonda.
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Ci aiuta allora a fare un passo avanti nella nostra indagine il riferimento all’identità del laico.
Nel 2000 venne fuori un Manifesto laico( edito Laterza (Roma), in cui laico viene interpretato come sinonimo di laicismo e pertanto secondo alcuni di ateismo, anticlericalismo aggressivo. Incontrò l’opposizione di autorevoli personalità della cultura, che rifiutarono di firmarlo(pensiamo per tutti a Norberto Bobbio). E’evidente che non tutti i laici non credenti sono laicisti; esistono invece i laici cristiani, che sono diffusamente e diversamente presenti nella vita della comunità, anche se non sempre visibilmente presenti nella vita sociale. Potremmo dire che questa visibilità è legata a una maggiore o minore coscienza della vocazione laicale. Anche su questo occorrerebbe riflettere ,perché è evidente che la responsabilità della propria vocazione è legata alla coscienza che ho della stessa.
Tornano in mente le tendenze a marginalizzare i laici cristiani, affermando che non sono preparati o non vogliono partecipare o non hanno tempo di partecipare alla vita della comunità cristiana:l’invito Venite anche voi nella mia vigna (come scrive a commento Enrico Masseroni in un bel lavoro Laici cristiani tra identità e nuove sfide,SAN Paolo 2004) non arriva al destinatario,o non trova ascolto .
C’è una spinta poi che tende a rimandare i laici cristiani nel tempio. Non mancano infatti laici impegnati nella comunità cristiana:operatori pastorali, catechisti,che però non si vedono nel mondo della scuola o del lavoro, della cultura, della comunicazione della politica. A volte non si vedono in questi ambiti di impegno. Sembra infatti che la preoccupazione di tante parrocchie e a volte di qualche parroco (devo dire ormai almeno a Reggio in minoranza) sia quella di avere laici collaboratori nelle cose di Chiesa. (si parla di ministerialità del laico, che in Italia tocca il due,tre per cento).
La tendenza però maggiormente preoccupante è quella che vorrebbe vedere i laici cristiani tornare in sacrestia: è il frutto di quella cultura che riconosce la libertà religiosa, ma come e nello spazio di una coscienza individuale. La sintesi è:la fede è un’esperienza privata non ha diritto di essere visibile, né di proporre una visione del sociale.
Il nuovo compendio della dsc al nro 541 con chiarezza afferma che la connotazione essenziale dei fedeli laici, è l’indole secolare della loro sequela di Cristo ,che si realizza appunto nel mondo. Partendo da questa premessa si coglie come la testimonianza del fedele laico nasce da un dono di grazia ,riconosciuto, coltivato e portato a maturazione (n 544). E infine …leggiamo al (n 543) il compito proprio del fedele laico, nell’annuncio è un’esemplare testimonianza di vita, radicata in Cristo e vissuta nelle realtà temporali: famiglia, impegno professionale nell’ambito del lavoro, della cultura, della scienza e della ricerca; esercizio delle responsabilità sociali,economiche e politiche…
Non commento questi numeri del compendio, che voi sicuramente conoscete meglio di me, se non per segnalare come i dati (se vogliamo definirli così) essenziali su ci lavorare li abbiamo.
SINTESI
Possiamo provare a questo punto della nostra costruzione una prima sintesi, che non mi pare azzardata: il laico è qualsiasi persona uomo o donna, comunità,o associazione che vive nelle realtà quotidiane, con fedeltà la propria testimonianza di vita.
E per famiglia (almeno finché l’art. 29 della Costituzione non verrà modificato), società naturale fondata sul matrimonio cellula fondamentale della società (come si legge nel vostro statuto).
Infine qualsiasi associazione famiglia, è formata da LAICi traduci comunità (laòs) , operante perché costituita da persone vive e e vitali.
Esiste una dimensione interna della famiglia e a una dimensione esterna, (che non vuole dire però ancora aperta). Nella dimensione interna gli interessi dei singoli marito, moglie ,figli, si fondono fino a costituire l’interesse della vita familiare, che il nostro legislatore ha tradotto nell’indirizzo della vita familiare, del tenore di vita, degli accordi e delle intese di massima. E’ evidente che in questa famiglia la dimensione dell’individualità rimane prevalente, temperata dalla volontà di crescere insieme ed educare,istruire e mantenere i figli secondo le aspirazioni,inclinazioni, e capacità degli stessi. Dall’esperienza concreta e dal personale osservatorio professionale, vedo(ma ritengo che anche voi ne siate consapevoli) che la famiglia è più fragile anche per questo ripiegamento in sé stessa, per questo voler creare ,a volte, una sorta di cinta di protezione per la coppia e per i figli In cui cioè il matrimonio diviene limite della propria libertà; in cui il matrimonio viene vissuto come contratto e dunque revocabile dalla volontà dei contraenti o anche di uno solo, perché l’unione coniugale risulta non gratificante e delude il desiderio di felicità. Di più il rapporto con il figlio o con i figli muta: il figlio non è più un dono, ma un diritto: il diritto al figlio sano, ad ogni costo e con ogni mezzo, attraverso le nuove tecniche di fecondazione artificiale, e l’abbandono della cultura dell’adozione.
A meno che … ed è questo l’aspetto di novità se vogliamo nella riscoperta di identità interna alla famiglia che andiamo delineando – la comunità riconosca e armonizzi i percorsi educativi in una logica di integrazione,che significa proporsi l’obiettivo, di maturare insieme la persona, il cittadino che partecipa e il lavoratore, facendosi carico di fondere e formare nella persona con la sua dignità, la progettazione personale e insieme la sua professionalità. Ecco che allora la donna che vuole entrare nel mondo del lavoro, con figli piccoli vedrà che la legge sui tempi della città (meglio nota come la legge sul congedo parentale) non è di ostacolo, ma si vedrà aiutata dal marito a condividere la fatica e la difficoltà del progetto, forse della rinuncia o della attuazione consapevole.
I padri in questo progetto dovrebbero essere più presenti( diciamo spesso che abbiamo una società senza padri, perché nella fragilità del momento, nella frantumazione attuale il padre rifiuta di assumersi le responsabilità della crescita e rivendica i propri diritti( anche se si notano alcuni deboli segnali di cambiamento).
I figli non saranno confusi e disorientati, ma cresceranno alla scuola della solidarietà e della gratuità che è la famiglia , mentre i genitori li aiuteranno a sognare il futuro, sosterranno lo slancio in avanti degli stessi, (quante volte sentiamo o diciamo:..ma è un sognatore! Non si sa (lo dico anche per me) se con un misto di tenerezza o di delusione o entrambe (insieme).
A questo proposito a Pescasseroli, in occasione della settimana estiva della CEI sulla famiglia di quest’anno, che si poneva come tema centrale Educare da cristiani in famiglia, molti genitori sono apparsi sempre più disorientati ,ormai rassegnati, passivi sul futuro dei figli. Dicono alcuni autori che oggi si parla sempre più spesso di emergenza educativa.
Educare è in primo luogo relazione, è la vicinanza che è propria dell’amore,consapevole e maturo.,diventa chiamare l’identità dell’altro stessa.a venir fuori, ad emergere, ad essere se stessa.
E qui non si possono dimenticare i nonni con il bagaglio della memoria, del ruolo educativo privo di responsabilità dirette, dello slancio dinamico. I rapporti significativi ,oggi richiamati nella legge 54 del 2006 sull’affido condiviso. Sappiamo bene come la nostra società non va spesso nel senso della rivalutazione della figura dell’anziano, visto come una figura ingombrante, talvolta da sopportare*, anche se in molte realtà locali di piccole città come la nostra Reggio il nonno, l’anziano vive ancora all’interno del nucleo familiare e non è solo portatore di vantaggi economici con la pensione di cui gode, ma direi è baby sitter nel senso migliore del termine assicura stabilità affettiva e relazionale.
Dunque la Carta per i diritti della Famiglia del 1983 rimane uno strumento di confronto valido proprio con riferimento ai valori relazionali fondanti della dignità della persona e dei singoli componenti.
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Il rafforzamento della struttura interna tuttavia sarebbe sterile, senza una proiezione esterna, soprattutto tenendo conto delle spinte disgreganti che la famiglia subisce, di fronte alle quali non può rifugiarsi sul monte: diversamente tradirebbe la sua identità laicale.( Anche se questa giornata può essere considerata quell’ invito pressante del Vangelo: Venite e riposatevi,dove riposo significa non fermarsi per correre più in fretta,ma fare memoria per rimettere al Centro della nostra Vita, Colui che ci ha fatto incontrare come coppia prima,come famiglia poi e di accompagna nel Cammino).
In un interessante articolo edito dalla riv. dei Consultori familiari oggi, a firma Olimpia Tarzia, (Pres. Comitato epr la famiglia) si indicano in dieci punti gli svantaggi economici di essere una famiglia in Italia: (ne ricordo alcune: trattenute Irpef, assegni familiari, farmaci generici, bollo auto, acqua potabile ecc) . Sarebbe riduttivo certo pensare di esaurire la ricchezza della cellula fondamentale della società in chiave economica (e peraltro questo è oggetto di un altro intervento del vostro presidente), ma è certo che i profili economici hanno ricadute pesanti sulle scelte di coppia, sulla libertà e la responsabilità della famiglia e sul peso della famiglia nella nostra società.
E’ anche questo un settore in cui l’operatività laicale associativa diventa importante.
La persona, cittadino, professionista lavoratore ,di cui parlavamo, che si è formato nella crescita naturale(0-18) ,le persone che lo accompagnano(genitori, nonni) e le persone stesse che crescono ogni giorno,( cioè la coppia, tutte si aprono all’accoglienza delle altre famiglie, degli altri nuclei familiari in crisi e in salute, in atteggiamento di sostegno, promozione, tutte parole che per voi AFI, come leggo nel Vostro Statuto ,hanno un peso perchè riassumono e specificano la vostra identità.
Siete nati come associazione a Verona nel 1991 , nell’anno in cui la l. 266 del 1991, prendeva atto della persona a vocazione sociale (progetto Lipari)e lo traduceva in una realtà giuridica quella del no profit, del volontariato, dell’apostolato, che tanto bene fa ed ha fatto alla nostra realtà nazionale e locale (senza nasconderci o dimenticare le ombre esistenti). L’ articolo 3 del vostro statuto, che riassume le attività da voi perseguite, segnala gli obiettivi che volete raggiungere.
Gli impegni culturali, (Domeniche delle Famiglie, vacanze per le Famiglie, ..) gli Impegni sociali delle famiglie ( Sportello famiglia, azioni solidaristiche…) il Vostro impegno politico lato sensu (Forum, Consulta Comunale Corsi per amministratori locali), per come ho avuto modo di leggere nel sito, segnalano che la strada è quella giusta.
Occorre rafforzare la visibilità acquisita a livello nazionale, con azioni a livello locale, che indicano come la comunità (il laòs) è viva, operante.
Un operatore del diritto come me, abituato a leggere norme ,e tentare di interpretarle, per cogliere lo spirito di uno o più provvedimenti, si fa trascinare volentieri dagli obiettivi, dalle attività di cui parlate:non può che restarne incuriosito e stimolato a mettersi a fianco a Voi, nel suo lavoro, per continuare a costruire Famiglia. Come è interessante che nel Manifesto , Più Famiglia, anche da voi sottoscritto, del 19.3.2007, si continui a parlare di identità personale per maturare un progetto di vita aperto alla solidarietà…Era un’Italia lieta, gioiosa, pacata e tuttavia risolutamente consapevole dei propri diritti violati ignorati ,ho letto in un commento alla giornata del Family day. Ma era anche un ‘Italia sorpresa, che si guardava intorno e si meravigliava di essere così vasta e che tuttavia comprendeva che ad affrontare i problemi quotidiani delle famiglie sono in tanti. Era cioè un’Italia a favore della vita, perché è evidente che dove si rafforza la famiglia fondata sul matrimonio, si difende anche meglio la vita umana e le nascite.
E non per spirito rivendicativo, o di debolezza della famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio, bensì per esigenze di chiarezza e di sostanza di fronte alle nuove sfide,(uso un termine in parte improprio) che sono rappresentate dall’immigrazione, dall’adozione, dalla procreazione, dalla ricerca del lavoro:tutte realtà positive in cui la identità della famiglia rafforza il suo ruolo profetico.
(Ho visto che oggi sarà oggetto di un gruppo di studio, cui auguro un proficuo lavoro).
Lavorare da Laici in un’associazione di famiglia significa allora , essere aperti al dialogo, testimoniare, senza prevaricare gli altri, con falsi pregiudizi o precomprensioni, ma anche senza fare sconti sulle proprie scelte. (Il vostro parlare sia si,sì/ no, no)
Allora tentando alcune esemplificazioni :
- Mettere al centro la persona e la sua dignità significherà allora prepararsi all’accoglienza e accogliere la famiglia immigrata, deterritorializzata, che chiede risposte di giustizia sociale. Non possono solo essere risposte di controllo e contenimento, azioni orientate da una logica di emergenza. La fase attuale del fenomeno migratorio richiede che ci si confronti con problematiche quali diritti umani. Globalizzazione, mondializzazione, processi di inclusione .Le famiglie migranti rappresentano un universo articolato, un microcosmo eterogeneo per provenienza ,appartenenza religiosa, la cui forza sta nello spiccato dinamismo e nella capacità di adattamento al mercato del lavoro; emergono bisogni propri delle esperienze migratorie, come richieste di servizi di mediazione, culturale, nella nostra città esiste il corso per mediatori presso l’Università per stranieri) di assistenza agli anziani,e all’infanzia, l’accesso al credito, la valorizzazione della cultura di origine.
- Nella fase dell’insediamento la famiglia migrata deve fare spesso scelte fondamentali rispetto al progetto 10 migratorio:sposarsi o ricongiungersi con la famiglia, lasciata in patria,cambiare lavoro,a acquistare casa, decidere di generare altri figli,gestire con maggiore consapevolezza propri della vita quotidiana, dall’accesso ai servizi pubblici ala valorizzazione delle proprie specifiche culture…)
Chi meglio di un’associazione familiare può tentare di comprendere sino a giungere a condividere queste scelte?
Altra esemplificazione:
L’adozione e l’affidamento familiare ancora prima e forse di più hanno raggiunto a livello locale e nazionale risultati apprezzabili certamente ,ma non ottimali. Nelle nostre realtà locali c’è ancora molto da fare, ma occorre recuperare il senso profondo di questa risposta genitoriale, che dovrebbe essere anzitutto una risposta d’Amore (con la A maiuscola). Troppo spesso adottare significa solo ancora rispondere a un bisogno personale di genitorialtà e non mettere al centro della propria storia di coppia, il bambino. Sentiamo e constatiamo spesso anche professionalmente come la coppia non è adeguatamente sostenuta nel suo ruolo, ma anche che la coppia stessa dopo una prima risposta generosa di apertura si rinchiude , rifiuta di crescere e di accettare la crescita e quindi restituisce il minore. (si parla di funzione genitoriale riparativa).
E’ altresì vero che è interesse del minore crescere nella famiglia di origine, a volte però non è possibile e allora occorre cercare una famiglia che transitoriamente (quanto? ) lo accolga. Un’associazione di famiglie deve (soprattutto nello specifico della nostra realtà ) dare, formandosi, la disponibilità ad accogliere questi minori ,in una prospettiva di lunga o di breve durata, consapevole che ciò che è veramente importante, è il bagaglio di affetto che si dona senza fine e senza chiedere mai il conto.
Il recupero della forza e della generosità e della autenticità della motivazione nell’adozione, può così riequilibrare la richiesta di un figlio in provetta ad ogni costo. La L. 40 e le applicazioni che in questi giorni stiamo leggendo di nuove e aberranti sperimentazioni su embrioni animali con il Dna umano, e dunque la 11 creazione di mezzo uomo e mezzo animale che si sta attuando in Inghilterra; la clonazione terapeutica; i tragici errori (la soppressione di un feto sano invece della gemella malata), l’avanzare della eutanasia, sono solo alcuni degli ultimi esempi dei campi di applicazione e di serio impegno laico, per un’associazione familiare che vuole diventare motore di cambiamento. Campi di applicazione dove non c’è spazio per la approssimazione del laico testimone, dove occorre essere pronti a dare ragione della speranza che è in Voi( come diceva Giovanni Paolo II), ma dove occorre anche dialogare e non arroccarsi su un monte, essere presenti, convinti portatori di una propria identità irrinunciabile, che va vivificata costantemente e verificata se attinente alla realtà in cu si opera; pronti ove occorra a ritornare alla fonte ,come mi apre state facendo oggi, per continuare ad essere gruppi di pressione costanti, vigilando per il rispetto della dignità della persona dal momento del concepimento sino alla morte.
La ricerca di una sana laicità che significa anche ricordando un vecchio detto calcedonese: unità senza confusione e distinzione senza separazione, è sicuramente uno degli obiettivi della operosità laica delle associazioni.
Per ricordare quanto Benedetto XVI ha detto a Verona, occorre allargare la ragione, cioè superare la cultura relativistica che conduce ad un individualismo esasperato e ripiegato su se stesso. La ragione rettamente intesa spalanca il soggetto (nel senso più ampio del termine anche di gruppo) consente la relazione tra gli individui, liberando l’uomo dalla solitudine e dal ripiegamento su sé stesso. Solo il rapporto con l’altro, incontrato sul terreno della comune umanità, della sofferenza, delle domande fondamentali, può consentire l’incontro con un tu che vivifica. La condivisione del bisogno dell’altro, se avviene attraverso l’azione di un’associazione nella quale riconosciamo la nostra identità ,peraltro, oltre ad essere più efficace, si purifica da qualunque tentazione di autoincensazione e di gratificazione personale, per diventare servizio reale .Sopratutto occorre che il dialogo e la comunicazione sia vero e sentito e coinvolga sempre più persone, 12 disposte ad approfondire il solco comune. Come diceva il Prof. Farias persone disposte a perdere tempo, danaro e salute, per fare qualche passo in più nel cammino reale verso il Regno.
Riscoprire il valore della propria identità significa non fare e non farsi sconti, approfondire, come oggi state facendo, il solco comune della vostra storia, senza memoria nostalgica, sia affermando consapevolezze condivise, sia non tacendo elementi di dissenso e di distanza, pronti a rispondere alle urgenze di una terra come la nostra Calabria.
Ogni famiglia è un’ associazione preziosa per le proprie peculiarità,che porta in sé e che esprime. Quale forza vivificante verrà fuori allora da un’associazione di tante famiglie aperte all’accoglienza, al dialogo, disposte a sporcarsi le mani accanto e per gli altri, consapevole di essere servo inutile?
A voi la o le risposte.
* G.LAZZARINI, Anziani e generazioni, Franco Angeli, Miscellanea,
VILLAGGIO DEL PINO – MELIA 15.09.2007